Ricorderemo a lungo l’inverno 2017. Non perché ricco di neve, né freddo, ma per noi “appenninisti” è stato semplicemente fantastico. Un continuo susseguirsi di perturbazioni calde, portatrici di piogge fino a quote alte, con la poca neve bagnata rilegata alle vette appenniniche, spesso seguite da più o meno lunghi periodi freddi e sereni, in cui tutto questo fradiciume è ghiacciato alla perfezione. Ne sono nate più che mai indimenticabili avventure su salite effimere, vie nuove e ripetizioni; abbiamo notato un via vai sui canali che non avevamo mai visto, tantissimi appassionati che si sono goduti un Appennino più bello che mai, una vera e propria “Appenninomania” che naturalmente ha contagiato anche noi Alpinisti del Lambrusco.
Con queste parole
non voglio fare alcun bilancio di un inverno alpinistico che, per quanto ne
dica il calendario, non è affatto finito, ma piuttosto introdurre il piccolo
racconto di una grande giornata spesa su alcune delle linee più belle del Lago
Santo; a dire la verità potrebbero introdurre tante giornate di questo
bellissimo inverno, ma questa mi è sembrata particolarmente grande.
Grande
innanzitutto perché è un mercoledì, e non lo avrei certo passato al freddo del Monte Giovo se non avessi saputo di tutto quel ghiaccio, freddo e sole, un vero jolly
giocato al meglio. Grande perché, nell'aria tersa delle mie montagne preferite,
ho concretizzato alcuni sogni che da alcuni anni tenevo nel cassetto. Piccoli
sogni, per carità, ma grandi o piccoli che siano, concretizzarli appieno è una
roba che ti riempie il cuore. Grande anche per l’amicizia che, ben prima e ben
oltre una corda, mi lega al mio compagno che non solo condivide sveglie nel
cuore della notte e fatiche della scalata, ma quegli stessi sogni così forti da
riempire i nostri pensieri.
Mercoledì 8
marzo 2017, il crepuscolo ci coglie oltre il Lago Baccio mentre stiamo già
risalendo la conoide; davanti a noi una muraglia apparentemente inespugnabile,
solcata da una sottile ma continua striscia bianca, in mezzo ad un piccolo
anfiteatro di roccia. Ci siamo!
Impossibile
non notare quella linea percorrendo la valle del Baccio. Si trova a metà strada
tra la Grotta Rosa e l’Altaretto, dove la fascia rocciosa è più verticale e
imponente, in un tratto alto quasi 150 metri di strapiombi con ben pochi
punti deboli. Un canaletto sembra quasi fare un tentativo di solcare la parete,
ma si ferma ben presto in un antro sempre più ripido e chiuso, perfino
aggettante in alto. Nelle condizioni migliori, ad esempio di ritorno dall'apertura
di Viva Rotari al Rondinaio, abbiamo potuto osservare una piccola stalattite pendente verso
il vuoto dalla sua sommità, continuando non senza interruzioni in un’effimera
colatina. Non porta in vetta a un bel niente, ma è davvero una direttiva logica e attraente. Col passare degli inverni e negli innumerevoli passaggi da quelle
parti ho sempre sbirciato quella linea, spesso completamente secca o appena
sporca di un bianco di chissà che qualità, fantasticando una sua salita. Anche
Edo, notando l’estetica e la logicità della linea, si è innamorato di quel
sogno di ghiaccio. Sentivamo che quest’anno poteva essere quello buono: l’esperienza
maturata sul terreno appenninico ci ha convinto e appena si sarebbero
presentate le condizioni avremmo tentato quella che per noi ormai era
semplicemente la “Magic Line”.
Alla primissima nevicata novembrina accorriamo Lago Santo per sbirciare la nostra linea da vicino, consapevoli che non sarebbe stato un serio tentativo, ma intanto lasciamo una sosta alla base; vediamo qualche candelotto in alto, ma dovremo pazientare ancora molto. I successivi sono mesi di attesa in cui, nonostante il freddo, il secco la fa da padrone. Finalmente a fine gennaio inizia questo inverno fantastico: con condizioni sempre migliori effettuiamo belle gite e più volte intravediamo la “Magic Line”, a volte sembra quasi fattibile e ben ghiacciata!
Alla primissima nevicata novembrina accorriamo Lago Santo per sbirciare la nostra linea da vicino, consapevoli che non sarebbe stato un serio tentativo, ma intanto lasciamo una sosta alla base; vediamo qualche candelotto in alto, ma dovremo pazientare ancora molto. I successivi sono mesi di attesa in cui, nonostante il freddo, il secco la fa da padrone. Finalmente a fine gennaio inizia questo inverno fantastico: con condizioni sempre migliori effettuiamo belle gite e più volte intravediamo la “Magic Line”, a volte sembra quasi fattibile e ben ghiacciata!
Non siamo
però gli unici a notare la linea: una cordata di liguri in trasferta in
Appennino, dopo aver risolto al primo colpo una direttissima alla nordest del Rondinaio,
è subito contagiata dalla sottile colata che diventa un chiodo fisso anche per
loro. Ritornano la domenica successiva e in qualche modo la salgono. Il caldo
ha ormai cotto e scollato il poco ghiaccio e ai tre servirà grande
determinazione, coraggio e bravura per salire sezioni di roccia pessima e
verticale: la via è loro e la battezzano “Ghiaccio ad ogni costo”.
La nostra
grande giornata è appena cominciata: montiamo i ramponi e ci avviciniamo alla
colata; così in forma non l’avevamo mai vista. Eravamo concordi che per noi non
dovesse affatto essere “ad ogni costo”, pronti a lasciar perdere se le condizioni non fossero eccellenti, ma ora sembra tutto talmente perfetto
che ogni dubbio si dissolve. Armati fino ai denti, montiamo una sosta un po’
più in alto, alla base di un risalto verticale. Parto io per il primo tiro
mentre il primo sole infuoca la parete; il ghiaccio è perfetto, alternato a
neve compatta e durissima, la progressione è sicura anche se faticosa per la
verticalità. Percorro 40 metri su pendenze mai inferiori ai 75°, protetto
soltanto da un warthog e da un buon chiodo; arrivato alla nicchia sosto su due friend
e recupero Edo. La goduria in queste condizioni è al massimo e assaporiamo a
fondo ogni metro della salita.
Ora tocca al
giovane Edo superare il passo chiave con il secondo tiro. Con agilità si
destreggia oltre alcuni pendagli di ghiaccio sulla colata leggermente
strapiombante. Superati questi pochi metri scompare alla mia vista, poi la
corda scorre più veloce, segno che le pendenze sono diminuite, fino ad
arrestarsi alla sua fine. Smontando la sosta mi do un’ultima occhiata intorno, immerso
in questa verticalità ghiacciata; in basso la valle inizia a popolarsi di
qualche sciatore diretto al Rondinaio. Un attimo dopo mi ritrovo appeso alle
picche, cercando di sbrigarmi per non cuocermi del tutto le braccia, e in pochi
passaggi sono di nuovo su terreno appoggiato, ancora su ottimo ghiaccio, e poi
in cresta a stringere la mano a Edo. Siamo euforici e su di giri, come se
avessimo aperto una nuova via! Sono forse stati i metri più duri, belli e sognati che
abbiamo mai percorso in Appennino, pienamente all'altezza delle aspettative,
tutto grazie a queste super condizioni!
Come solito
quando troviamo simili condizioni non perdiamo tempo in festeggiamenti, facciamo su la corda e ci
lanciamo verso nuovi obiettivi: la giornata è ancora lunga!
Via "Ghiaccio ad ogni costo"; D. Damato, G. Carabelli, A. Biffignandi, 26/02/2017. Relazione tecnica a cura degli apritori
Edo alla base della colata, alla ricerca di un punto di sosta
La magia dell'alba... si parte!
Il primo tiro dal basso...
...e dall'alto
Edo danza sui ghiaccioli
La foto corretta e raddrizzata, oltre la verticale!
Già fatto!?
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