domenica 11 dicembre 2011

Le Dolomiti dei Silenzi: sui sentieri dell'Alta Via n°6


Una settimana di ferie in un dicembre anomalo e senza neve, una gran voglia di Avventura e di spingersi zaino in spalla su nuovi sentieri, la testardaggine di partire comunque da solo per realizzare un progetto ambizioso, o almeno provarci, sono gli ingredienti di un viaggio sull'Alta Via dei Silenzi. Un viaggio silenzioso che, attraverso il confronto con la montagna, prende una direzione introspettiva e di confronto con sè stessi.

L'Alta Via n°6, più conosciuta come Alta Via dei Silenzi, è un percorso magnifico che porta in una decina di tappe da Sappada a Vittorio Veneto, attraversando una delle zone più selvaggie ed affascinanti delle Alpi orientali: le Dolomiti Friulane. Montagne che non hanno nulla da invidiare alle Dolomiti trentine o venete ma che, come dice bene il nome dell'Alta Via, sono assai poco frequentate per la loro durezza e amenità.
Il percorso, riscoperto e rivalorizzato da Toni Sanmarchi nel '72, è ancora oggi assai poco addomensticato rispetto alle altre Alte Vie. Alla fine di ogni tappa non sempre c'è un rifugio, ma spesso l'escursionista deve accontentarsi di un bivacco o di un riparo spartano; diversi tratti presentano difficoltà quasi alpinistiche e la solitudine è assai probabile.

A dicembre, con il freddo, le giornate corte e i rifugi chiusi, si ha la certezza di non incontrare nessuno per i sentieri o nei bivacchi. Proprio questo particolare affascinante mi ha attirato, ma mi ha poi respinto con durezza: il rischio di avventurarsi su percorsi troppo impervi da solo non è accettabile.
E' così quindi che mi sono accontentato di percorrerne una parte, godendomi appieno tanto la ricercata solitudine quanto l'inaspettata compagnia delle poche persone incontrate, in una cornice incantata di torri, guglie, pascoli e boschi o immerso nelle nubi, nella costante fatica del trasportare il mio guscio di lumaca, lo zaino pesante, compagno inseparabile in un'inutile e infruttuosa ricerca di indipendenza dal mondo.



Parto sabato da Sappada immergendomi subito nelle nuvole e in una fastidiosa pioviggine. Finisco questa prima tappa arrivando al rif. De Gasperi al crepuscolo, e mi sorprendo non poco nello scorgere una luce accesa. Conosco così Nilo, il gestore di questo bel rifugio, che mi accoglie con un'ospitalità e una simpatia eccezionali. E' ancora su a fare dei lavori, ma per gli ultimi giorni, mi assicura! Siamo entrambi stupiti e felici dell'incontro e ci ritroviamo ben presto a tavola tra cibo e chiacchiere fino a sera. Mi mette in guardia sulla durezza del percorso e mi terrà "monitorato" nei prossimi giorni.

L'indomani è ancora brutto tempo, ma almeno non piove. Mi accontento di percorrere una tappa che, seppur breve, è sufficiente per stancarmi a dovere. Attraverso bellissimi boschi arrivo al rif. Fabbro, un bar-ristorante aperto tutto l'anno: non disdegno un posto caldo nemmeno per questa notte, e passo un'altra piacevole serata in compagnia dei gestori.

Lunedì nevica: sarebbe una tappa molto panoramica ma sono ancora immerso nelle nubi. Nel pomeriggio qualche schiarita sempre più ampia mi svela le prime cime, bellissime e appuntite dolomiti che si arrossano al tramonto, quando arrivo al rif. Giaf. D'ora in poi dovrò accontentarmi degli spartani ricoveri invernali, quello del Giaf è un sottotetto con soltanto qualche rete e materasso. Finalmente si vedono le stelle e le temperature scendono portando bel tempo per le giornate a venire!

Da qui abbandono l'Alta Via per una variante che porta al rif. Pordenone, all'imbocco della famosa Val Montanaia. Il sentiero passa dalla Forcella Urtisel: la salita, a Nord, con un'esigua spolverata bianca che profuma d'inverno e in compagnia di qualche camoscio e di una pernice; la disecesa al sole, nella splendida cornice della Val Meluzzo.

Un'ultima notte all'essenziale bivacco di lamiera del rif. Prodenone prima di affrontare la lunga discesa fino a Cimolais, sulla strada che corre in fondo alla Val Cimoliana; incrocio un paio di macchine di escursionisti diretti al Campanile.
Infine una visita ad Erto, un paese che mi mette una grande tristezza: sotto la strada un centro storico in rovina e disabitato anche se potenzailmente bellissimo; sopra un ammasso sparso di obrobriosi condomini e villette di cemento.
Decido di far finire qui, per questa volta, la mia Alta Via, con la speranza di tornare presto su queste montagne fantastiche!


Passo Elbel, 1963m, tra la valle del Piave e la val Pesarina. La neve è un esiguo velo esclusivo dei versanti a Nord sopra i 1800m.

Affaticato ma felice nonostante il fardello e il tempo incerto.

Il rif. Fabbro al Valico di Cima Ciampigiotto, 1783m.

L'avanzata del bel tempo lascia vedere cime imponenti intorno al rif. Giaf, 1400m.

Mi impossesso del locale invernale.

Incontri a Forcella Urtisel, 1990m.

La forcella è l'accesso alla Val Menon, dominata dal Crodon di Brica.

La sottostante Val Cimoliana incanala l'attenzione sulla Cima dei Preti.

Il bel bivacco Cason di Brica, 1745m, sullo sfondo il sentiero appena percorso.

La suite di stasera al grand hotel Pordenone, 1249m.

Lungo la Val Cimoliana, a tratti ampia e panoramica, a tratti stretta tra pareti a picco.

2 commenti:

  1. da foto e racconti emergono fatica e isolamento ...ma sono sicuro che ne conserverai uno splendido ricordo...bravo per il coraggio di aver concretizzato l'idea...ma ormai ti conosciamo!!

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