Gruppo numeroso per la scampagnata natalizia. La meta come preannunciato sono le Piccole Dolomiti e precisamente il gruppo Monte Zevola-Cima Tre Croci, dove si trovano bellissime salite su ghiaccio e misto. Tra i tanti scegliamo il Vaio Stretto di San Paolo, uno di quelli che pare essere nella categoria degli imperdibili per gli appassionati del genere. Le difficoltà sono stimate attorno al D+ con passi in roccia di III grado e fino a 85° di pendenza su ghiaccio. Ma come ben sappiamo in alpinismo non è sempre facile chiudere una salita all'interno della limitante scala dei gradi. La giornata è stupenda, affrontiamo la via in modo euforico, sospinti da una placida ma costante allegria. Nonostante le condizioni non proprio ad hoc causa la scarsità di neve ci divertiamo moltissimo e procediamo slegati per quasi tutta la lunghezza del percorso. Il muro finale ci impegna parecchio, alla ricerca dell'uscita migliore, la suddividiamo in 3 varianti, tutte un pò forzate per le difficoltà date dal manto instabile. Ciò nonostante la goliardia è all'ordine del giorno e mentre piantiamo un chiodo poco affidabile, godiamo nell'avere come odierna occupazione l'alpinismo classico ed esplorativo. Mancano solo la corda di canapa e la piccozza di legno. Per il resto abbiamo tutto. La montagna è una religione e la scalata una preghiera.
Il video gioioso della giornata: http://vimeo.com/34268685
martedì 27 dicembre 2011
lunedì 19 dicembre 2011
Sul Giovo alla spasmodica ricerca di ghiaccio
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKqiViRZU-nhkufNH2ItsWF72R3E6Aduou7p4CfQ4oOSMQshyphenhyphenM6sAE1mK0VwPFd0X5LTkFzpCyqjg_Pe3lS9FEcXNRu1Nwnu1rkyeVbIMZFXzRz0s076SQeaXcvtkXWFnOzguL6GqDE2o/s320/DSC_0024.jpg)
Bisognava crederci davvero oggi, per alzarsi così presto e correre solo al Lago Santo sperando di trovare un po' di neve e ghiaccio su cui piantare le piccozze. Ma ne è valsa la pena (oppure ci si accontenta di poco) in un Inverno che sembra finalmente arrivato, anche se in assurdo ritardo e con modesti apporti nevosi. Ma fa freddo e si spera in qualche colata di ghiaccio.
Di ghiaccio ce n'è, almeno un po', e la neve, anche se poca, è caduta fradicia ma ora si è congelata diventando durissima su tutta la montagna! Insomma, condizioni più che accettabili, ma soprattutto divertimento assicurato!
Salgo così il canale Centrale, una salita classica e sempre soddisfacente. Lo trovo ancora molto gocciolante: il ghiaccio non ancora del tutto formato mi costringe ad evitare alcuni risalti, ma la neve è ottima ovunque quindi non c'è nessun problema ad aggirarli.
In cresta mi accoglie un forte vento e un freddo che mi mancava. -11° dice il termometro. Percorro un tratto di cresta, poi discesa veloce per il canale sinistro dell'Altaretto su neve e ciuffi d'erba fino al Baccio e all'auto e ad un solito pomeriggio di lavoro.
Il Centrale visto dalla base.
Spiccozzando allegramente
Poca neve ma gran bell'ambiente, circondati da gelide stalattiti
Bellissima mattinata sulle accoglienti montagne di casa
venerdì 16 dicembre 2011
Via dei Contrabbandieri (o sentiero Massimiliano Torti)
La via dei Contrabbandieri è un suggestivo percorso di oltre 3 km, che per la maggior parte si sviluppa su un'esile cengia a picco sul Lago di Garda. La storia della via inizia a fine '800 quando, a colpi di piccone, la roccia della vertiginosa parete del Dos De Calà, fu modellata con l'intenzione di collegare Limone alla Val di Ledro. Il progetto fu poi abbandonato e data la zona molto impervia, per quasi un secolo la via rimase in silenzio. Dagli anni 80 poi la cengia fu progressivamente risistemata diventando un itinerario davvero sui generis. Non è escursionismo, non via ferrata, non alpinismo. Piuttosto un ensemble delle tre cose, facile ma non banale, da percorrere con passo sicuro e con l'imbrago ben allacciato dato che in più punti la roccia si interrompe e bisogna appendersi nel vuoto. Solo pochi metri comunque, che danno quel tocco in più alla bellezza del cammino. Volendo è possibile procedere in conserva, sono presenti molti punti d'assicurazione, ma quello che sopratutto serve sono piede deciso, sguardo attento e contemplativo. Il sentiero di rientro è una bella faticaccia. Ripidissimo, scivoloso, invaso da rovi, sembra non finire mai. Il tutto però viene compensato quando all'improvviso si spunta sui verdi prati del borgo nascosto di Pregasina. Per tranquilla discesa poi di nuovo alla Casa della Trota, goliardico punto di partenza e di arrivo. Assolutamente da evitare in estate o comunque nelle giornate calde. Per il resto, del tutto consigliabile.
Torbole, Riva e più lontano Arco
Scorci dalla via
Salto nel vuoto (la fiducia è tutto)
La cengia scavata nella roccia a forza di braccia
Una lapide di oltre 100 anni fa sul sentiero di rientro
ci ricorda che prima o poi saremo tutti archeologia.
domenica 11 dicembre 2011
Le Dolomiti dei Silenzi: sui sentieri dell'Alta Via n°6
Una settimana di ferie in un dicembre anomalo e senza neve, una gran voglia di Avventura e di spingersi zaino in spalla su nuovi sentieri, la testardaggine di partire comunque da solo per realizzare un progetto ambizioso, o almeno provarci, sono gli ingredienti di un viaggio sull'Alta Via dei Silenzi. Un viaggio silenzioso che, attraverso il confronto con la montagna, prende una direzione introspettiva e di confronto con sè stessi.
L'Alta Via n°6, più conosciuta come Alta Via dei Silenzi, è un percorso magnifico che porta in una decina di tappe da Sappada a Vittorio Veneto, attraversando una delle zone più selvaggie ed affascinanti delle Alpi orientali: le Dolomiti Friulane. Montagne che non hanno nulla da invidiare alle Dolomiti trentine o venete ma che, come dice bene il nome dell'Alta Via, sono assai poco frequentate per la loro durezza e amenità.
Il percorso, riscoperto e rivalorizzato da Toni Sanmarchi nel '72, è ancora oggi assai poco addomensticato rispetto alle altre Alte Vie. Alla fine di ogni tappa non sempre c'è un rifugio, ma spesso l'escursionista deve accontentarsi di un bivacco o di un riparo spartano; diversi tratti presentano difficoltà quasi alpinistiche e la solitudine è assai probabile.
A dicembre, con il freddo, le giornate corte e i rifugi chiusi, si ha la certezza di non incontrare nessuno per i sentieri o nei bivacchi. Proprio questo particolare affascinante mi ha attirato, ma mi ha poi respinto con durezza: il rischio di avventurarsi su percorsi troppo impervi da solo non è accettabile.
E' così quindi che mi sono accontentato di percorrerne una parte, godendomi appieno tanto la ricercata solitudine quanto l'inaspettata compagnia delle poche persone incontrate, in una cornice incantata di torri, guglie, pascoli e boschi o immerso nelle nubi, nella costante fatica del trasportare il mio guscio di lumaca, lo zaino pesante, compagno inseparabile in un'inutile e infruttuosa ricerca di indipendenza dal mondo.
Parto sabato da Sappada immergendomi subito nelle nuvole e in una fastidiosa pioviggine. Finisco questa prima tappa arrivando al rif. De Gasperi al crepuscolo, e mi sorprendo non poco nello scorgere una luce accesa. Conosco così Nilo, il gestore di questo bel rifugio, che mi accoglie con un'ospitalità e una simpatia eccezionali. E' ancora su a fare dei lavori, ma per gli ultimi giorni, mi assicura! Siamo entrambi stupiti e felici dell'incontro e ci ritroviamo ben presto a tavola tra cibo e chiacchiere fino a sera. Mi mette in guardia sulla durezza del percorso e mi terrà "monitorato" nei prossimi giorni.
L'indomani è ancora brutto tempo, ma almeno non piove. Mi accontento di percorrere una tappa che, seppur breve, è sufficiente per stancarmi a dovere. Attraverso bellissimi boschi arrivo al rif. Fabbro, un bar-ristorante aperto tutto l'anno: non disdegno un posto caldo nemmeno per questa notte, e passo un'altra piacevole serata in compagnia dei gestori.
Lunedì nevica: sarebbe una tappa molto panoramica ma sono ancora immerso nelle nubi. Nel pomeriggio qualche schiarita sempre più ampia mi svela le prime cime, bellissime e appuntite dolomiti che si arrossano al tramonto, quando arrivo al rif. Giaf. D'ora in poi dovrò accontentarmi degli spartani ricoveri invernali, quello del Giaf è un sottotetto con soltanto qualche rete e materasso. Finalmente si vedono le stelle e le temperature scendono portando bel tempo per le giornate a venire!
Da qui abbandono l'Alta Via per una variante che porta al rif. Pordenone, all'imbocco della famosa Val Montanaia. Il sentiero passa dalla Forcella Urtisel: la salita, a Nord, con un'esigua spolverata bianca che profuma d'inverno e in compagnia di qualche camoscio e di una pernice; la disecesa al sole, nella splendida cornice della Val Meluzzo.
Un'ultima notte all'essenziale bivacco di lamiera del rif. Prodenone prima di affrontare la lunga discesa fino a Cimolais, sulla strada che corre in fondo alla Val Cimoliana; incrocio un paio di macchine di escursionisti diretti al Campanile.
Infine una visita ad Erto, un paese che mi mette una grande tristezza: sotto la strada un centro storico in rovina e disabitato anche se potenzailmente bellissimo; sopra un ammasso sparso di obrobriosi condomini e villette di cemento.
Decido di far finire qui, per questa volta, la mia Alta Via, con la speranza di tornare presto su queste montagne fantastiche!
L'Alta Via n°6, più conosciuta come Alta Via dei Silenzi, è un percorso magnifico che porta in una decina di tappe da Sappada a Vittorio Veneto, attraversando una delle zone più selvaggie ed affascinanti delle Alpi orientali: le Dolomiti Friulane. Montagne che non hanno nulla da invidiare alle Dolomiti trentine o venete ma che, come dice bene il nome dell'Alta Via, sono assai poco frequentate per la loro durezza e amenità.
Il percorso, riscoperto e rivalorizzato da Toni Sanmarchi nel '72, è ancora oggi assai poco addomensticato rispetto alle altre Alte Vie. Alla fine di ogni tappa non sempre c'è un rifugio, ma spesso l'escursionista deve accontentarsi di un bivacco o di un riparo spartano; diversi tratti presentano difficoltà quasi alpinistiche e la solitudine è assai probabile.
A dicembre, con il freddo, le giornate corte e i rifugi chiusi, si ha la certezza di non incontrare nessuno per i sentieri o nei bivacchi. Proprio questo particolare affascinante mi ha attirato, ma mi ha poi respinto con durezza: il rischio di avventurarsi su percorsi troppo impervi da solo non è accettabile.
E' così quindi che mi sono accontentato di percorrerne una parte, godendomi appieno tanto la ricercata solitudine quanto l'inaspettata compagnia delle poche persone incontrate, in una cornice incantata di torri, guglie, pascoli e boschi o immerso nelle nubi, nella costante fatica del trasportare il mio guscio di lumaca, lo zaino pesante, compagno inseparabile in un'inutile e infruttuosa ricerca di indipendenza dal mondo.
Parto sabato da Sappada immergendomi subito nelle nuvole e in una fastidiosa pioviggine. Finisco questa prima tappa arrivando al rif. De Gasperi al crepuscolo, e mi sorprendo non poco nello scorgere una luce accesa. Conosco così Nilo, il gestore di questo bel rifugio, che mi accoglie con un'ospitalità e una simpatia eccezionali. E' ancora su a fare dei lavori, ma per gli ultimi giorni, mi assicura! Siamo entrambi stupiti e felici dell'incontro e ci ritroviamo ben presto a tavola tra cibo e chiacchiere fino a sera. Mi mette in guardia sulla durezza del percorso e mi terrà "monitorato" nei prossimi giorni.
L'indomani è ancora brutto tempo, ma almeno non piove. Mi accontento di percorrere una tappa che, seppur breve, è sufficiente per stancarmi a dovere. Attraverso bellissimi boschi arrivo al rif. Fabbro, un bar-ristorante aperto tutto l'anno: non disdegno un posto caldo nemmeno per questa notte, e passo un'altra piacevole serata in compagnia dei gestori.
Lunedì nevica: sarebbe una tappa molto panoramica ma sono ancora immerso nelle nubi. Nel pomeriggio qualche schiarita sempre più ampia mi svela le prime cime, bellissime e appuntite dolomiti che si arrossano al tramonto, quando arrivo al rif. Giaf. D'ora in poi dovrò accontentarmi degli spartani ricoveri invernali, quello del Giaf è un sottotetto con soltanto qualche rete e materasso. Finalmente si vedono le stelle e le temperature scendono portando bel tempo per le giornate a venire!
Da qui abbandono l'Alta Via per una variante che porta al rif. Pordenone, all'imbocco della famosa Val Montanaia. Il sentiero passa dalla Forcella Urtisel: la salita, a Nord, con un'esigua spolverata bianca che profuma d'inverno e in compagnia di qualche camoscio e di una pernice; la disecesa al sole, nella splendida cornice della Val Meluzzo.
Un'ultima notte all'essenziale bivacco di lamiera del rif. Prodenone prima di affrontare la lunga discesa fino a Cimolais, sulla strada che corre in fondo alla Val Cimoliana; incrocio un paio di macchine di escursionisti diretti al Campanile.
Infine una visita ad Erto, un paese che mi mette una grande tristezza: sotto la strada un centro storico in rovina e disabitato anche se potenzailmente bellissimo; sopra un ammasso sparso di obrobriosi condomini e villette di cemento.
Decido di far finire qui, per questa volta, la mia Alta Via, con la speranza di tornare presto su queste montagne fantastiche!
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