lunedì 13 settembre 2010

Spigolo del Dolo

Un'eccentrica lama rocciosa si innalza dal letto del fiume Dolo, in alto Appennino Reggiano. Attorno solo il fitto bosco e il fragore dell'acqua che viaggia verso valle. Su questa stupenda creazione della natura due alpinisti romantici aprono, nel 2003, una bella via che percorre il filo della bastionata. Per qualche anno lo spigolo viene dimenticato, poi nell'autunno 2009 la via viene ripresa ed attrezzata a spit da due merenderos sportivi (sfogo da non prendere troppo ala lettera...ci scusiamo per il nostro fare inconsueto ma affettuoso). Nonostante le numerose polemiche che hanno fatto seguito, iniziano le ripetizioni, e lo Spigolo del Dolo comincia ad acquisire una certa notorietà. A noi è piaciuto moltissimo. L'arrampicata non è mai banale e allo stesso tempo mai estrema. La roccia è quasi sempre solida (solo in un tratto un masso si muove un pò troppo) e l'aderenza è spaventosa. Talmente abrasiva che bisogna mettere in preventivo di tornare con le mani sfregiate. Le difficoltà non superano il sesto grado ed è possibile salire sia proteggendosi con gli spit in loco, che utilizzando esclusivamente protezioni naturali e rimovibili date le fessure perfette. L'ambiente è davvero suggestivo. Una salita goliardica. Assolutamente una perla dell'arrampicata in Appennino.










giovedì 2 settembre 2010

NEL GRANDE NORD - Traversata della Lapponia svedese

PUBBLICHIAMO DI SEGUITO ALCUNI SPEZZONI DEL DIARIO DI VIAGGIO DI DUE ALPINISTI DEL LAMBRUSCO PROTAGONISTI QUEST'ESATE DI UNA GRANDE AVVENTURA E COME AL SOLITO LA PROTAGONISTA E' LA NATURA...

Pensavo alle vacanze, cercando qualcosa di diverso: quest’anno non avevo voglia di mettermi in fila per arrivare in cima a un 4000. O meglio, ho sempre preferito camminare zaino in spalla per lunghe distanze, spingermi lontano con le mie sole gambe immerso il più possibile nella natura.

Così, scuriosando su una carta stradale della Scandinavia, mi ha attratto una zona verde in Svezia, oltre il circolo polare, senza strade né paesi, con grandi parchi nazionali e alcuni punti quotati oltre 2000 m. Internet mi ha poi svelato che si tratta dell’Area Lappone, dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. È una regione grande più delle Marche, interamente protetta da parchi e riserve, speciale per la natura incontaminata con cui si intreccia la cultura Sami, il popolo che da sempre vive allevando renne in quelle terre sterminate tra montagne, tundra e boschi di conifere. Quest’area è la parte più incontaminata della Lapponia, regione che comprende tutto il nord della Scandinavia divisa tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia.

La più grande zona selvaggia d’Europa è attraversata in direzione nord-sud da due frequentati sentieri a lunga percorrenza, ma grosse porzioni di quel territorio sono lontane decine di km da tutto. Fuori dai sentieri segnati non c’è nulla dedicato agli escursionisti: i rari ponti servono al passaggio delle renne al pascolo, una presenza costante nel paesaggio lappone; i pochi rifugi sono casette dei Sami, che alla fine dell’estate vanno lassù per portare a valle il bestiame. Sulle montagne, sopra i 500 m non crescono più gli alberi e le cime più alte sono circondate da ghiacciai; non ci sono sentieri, ma solo tracce lasciate dal passaggio delle renne. C’è acqua dappertutto, ovunque ci sono laghi, paludi da attraversare e fiumi da guadare; le zanzare vi prolificano in quantità inimmaginabile. Il clima è estremamente variabile: le correnti umide provenienti dall’Atlantico scaricano su quei monti facendone la zona più piovosa di tutta la Svezia.

Rimango affascinato da ciò che poco a poco inizio a conoscere di quei posti e sono sempre più convinto che quella sarà la destinazione del mio prossimo viaggio. Così guardo fotografie, cerco informazioni e cartine, controllo voli e mezzi pubblici, ne parlo agli amici e cerco disperatamente qualcuno che venga con me. Per me l’avventura, a mesi dalla partenza, è già cominciata. Inizio a pensare ad una possibile traversata da ovest ad est, che attraversi 3 parchi nazionali, dalla costa norvegese al cuore boscoso del nord della Svezia.

Niccolò è uno che è sempre pronto a partire e non rifiuta certo inviti come questo, ma alcuni esami lo tengono in forse fino all’ultimo. L’ok me lo dà a poco più di un mese dalla partenza. Finalmente compro biglietti aerei e ferroviari, cartine dettagliate, iniziamo a scrivere una lista di cose da mettere nello zaino e definiamo tutti i dettagli. Ma non possiamo sapere tutto da casa: il programma si farà lassù, giorno per giorno.

Non sarà un giro per femminucce: una volta partiti dovremo arrivare a tutti i costi ad una fermata dell’autobus in Svezia distante molti km, camminando ogni giorno anche su terreno difficile e con meteo avverso. Unico riparo certo sarà la piccola tenda e nello zaino gli unici oggetti su cui fare affidamento.

Abbiamo a disposizione 15 giorni, di cui 4 se ne andranno per il viaggio di 3000 km verso nord. La partenza è fissata per il 27 luglio e il ritorno per il 10 agosto. Tra il cibo e tutto il resto, alla prova della bilancia i nostri zaini pesano esattamente i 25 kg concessi dalla Ryanair. Ora l’avventura può cominciare davvero!

L’itinerario, attraverso i tre parchi nazionali, fino al paese di Kvikkjokk.

Due uomini nuovi, dopo una sauna rigenerante prima di iniziare il viaggio di ritorno in Italia.


1° TAPPA_RAGO National Park, Norvegia

2° TAPPA_PADJELANTA National Park, Svezia

3° TAPPA_SAREK National Park, Svezia

4° TAPPA_Il Delta e il Kungsleden


1° TAPPA_RAGO National Park, Norvegia


Il nostro viaggio inizia decisamente col piede sbagliato: arrivati ad Oslo perdiamo il treno notturno diretto al nord; siamo così costretti a passare una giornata in aeroporto. Ne approfittiamo per raggiungere un supermercato e comprare le ultimissime cose da mettere nello zaino, che ora pesa 27 kg.

Durante il viaggio di 17 ore verso Fauske, siamo un po’ tesi per la dose di ignoto a cui andiamo incontro, ma certi di aver preparato tutto al meglio e felicissimi per un sogno che si sta realizzando.

Arrivati al mattino, percorriamo in autostop i 30 km che ci separano dal punto di partenza vero e proprio.

A mezzogiorno imbocchiamo il sentiero, che presto entra nel Rago National Park, salendo velocemente nel bosco poi, in montagne rocciose e schiacciate, su immensi lastroni granitici resi lisci dai ghiacci, disseminati di massi erratici e laghetti cristallini. Sostiamo a Storskogdelen, un’imponente cascata che da un grande lago, perfetto specchio d’acqua, si tuffa per 200 m nella suggestiva valle sottostante. Fa molto caldo, camminare con quel carico sotto il sole è una faticaccia: non riusciamo a fare più di 2 km all’ora. Alla fine della prima giornata di cammino siamo distrutti, il mio morale è basso e temo di riuscire ad andare poco lontano con tutto quel peso; ma poco alla volta andrà meglio, gli zaini si alleggeriranno e il corpo si abituerà alla fatica.

Il giorno successivo è coperto e quando ripartiamo pioviggina, ma a tratti più tardi si farà rivedere il sole. Passiamo da Ragohytta, un bivacco splendido a quasi 20 km dalla civiltà. Incontriamo un ragazzo tedesco che ci da importanti consigli per il nostro itinerario nel Padjelanta. Proseguendo, a breve incontriamo il confine, dove il finiscono sia il parco norvegese che la sicurezza del sentiero.



Le imponenti cascate e il bellissimo lago Litlverivatnet da cui nascono


Ragohytta, un piccolo rifugio che sembra uno chalet di lusso

L’ambiente roccioso del parco e alcuni lontani picchi norvegesi in direzione ovest


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2° TAPPA_PADJELANTA National Park, Svezia

Ci addentriamo nel Padjelanta scendendo una valle fino ad una renvaktarstuga, una casetta Sami che raggiungiamo nel cuore della notte e che sfruttiamo come comodo bivacco: l’indomani, mentre fuori piove, riposeremo tutta la mattina nel tentativo di recuperare qualche energia. Siamo ormai sulle rive di Vastenjaure, uno dei due enormi laghi al centro del parco, che dovremo costeggiare per intero sul lato nord nei giorni a venire. Il paesaggio è formato da dolci e sinuose montagne, che da rocciose si sono ricoperte di erba e piccoli arbusti. Questi altipiani sono da sempre un ottimo terreno di pascolo per le renne, che cominciano ad apparire in folti branchi. Ad est del parco, da nord a sud, corre il Padjelantaleden, un sentiero molto frequentato che tocca tre villaggi abitati da alcuni Sami durante l’estate, mentre altrove, tra il confine, i grandi laghi e fiumi impetuosi, una zona enorme è desolata e lontana da tutto.

Ci occorrono altri due giorni di marcia, su terreno quasi sempre facile, per raggiungere Sallohaure, un gruppetto di case all’estremità nordorientale del lago. Questi Sami sono il primo contatto umano che abbiamo dall’entrata in Svezia tre giorni prima. Tutto attorno laghi e paludi, le zanzare non danno tregua. È il quarto giorno di cammino e abbiamo alle spalle più di 60 km.

L’indomani percorriamo un tratto di sentiero, facendo molti incontri singolari. Cerchiamo di raccogliere informazioni per decidere se addentrarci o meno nel vasto parco del Sarek, dubbiosi fino all’ultimo per il poco tempo a disposizione. Pianifichiamo ogni giorno disponibile: sarà una marcia a tappe obbligate, senza troppe possibilità di riposo; è l’unico modo per arrivare in tempo, dobbiamo farcela!


Renvaktarstuga, tipico rifugio Sami sempre aperto, riparo perfetto dalla pioggia


Un gelido fiume appena guadato






Finalmente appaiono all’orizzonte le cime del Sarek

In vista di Sallohaure, prima di scendere nella palude



Il villaggio Sami di Sallohaure e le sue deliziose casette




Un tramonto indimenticabile tra nubi di zanzare
Il Padjelantaleden ci sembra un’autostrada trafficata dopo aver attraversato un parco deserto e difficili zone paludose


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3° TAPPA_SAREK National Park, Svezia

Tutte le informazioni in arrivo dal Sarek ci mettono in guardia: «vi bagnerete i piedi». Ma ormai, dopo le paludi del giorno prima, non ci spaventa più nulla. Ci inoltriamo così nel Sarek, consapevoli di avere dinnanzi non meno di 80 km di terreno difficile. Iniziamo risalendo una valle e trovando assai meno difficoltà del previsto.

Il parco è una delle maggiori zone montuose svedesi e comprende la seconda montagna in ordine di altezza: Sarektjåhkkå, 2089 m, che purtroppo non avremo il tempo di salire. È composto da numerosi massicci e picchi che ospitano più di 100 ghiacciai, separati tra loro da larghe e profonde valli dalla tipica morfologia glaciale. Non esistono comodità per gli escursionisti, eccetto tre ponti e un piccolissimo edificio al centro del parco, dotato dell’unico telefono di emergenza, collegato da un ponte radio alla stazione di polizia. Da lì passerà il nostro itinerario, probabilmente la più diretta e frequentata traversata del parco, che è visitato ogni estate da numerosi escursionisti.

Non c’è alcun sentiero segnato ma abbondano le tracce, scavate dal passaggio delle renne, per cui l’orientamento risulta molto semplice. I fiumi che occorre guadare, gettandosi a valle dai ghiacciai, sono gelidi ed impetuosi e costituiscono probabilmente il pericolo maggiore lungo il percorso.

Scendiamo la valle Ruohtesvàgge fino al piccolo rifugio, nei pressi del quale scopriamo un profondo canyon. Il giorno dopo, il sentiero risale il lato della valle, aggirando un monte prima di ridiscendere nella boscosa vallata del Rapadalen. Prima di entrare nella foresta ci accampiamo, con vista dall’alto sulle anse del grande fiume. Da qui, mentre scende la sera, avvistiamo alcune alci, enormi animali che abitano questi boschi ma che raramente si lasciano vedere.

Ci è voluta poi una giornata intera per percorrere tutto il Rapadalen, immersi in una foresta fittissima alternata a paludi, tormentati dalle mosquitos. Il sentiero in questa giungla è stretto e ben marcato, ma bagnatissimo. Alla fine di quasi 30 km, esausti, saliamo Nammàsj, piccolo monte al centro della vallata, un balcone sullo splendido e famoso delta del Rapadalen.


Primi passi nel Sarek, dominati dall’imponente Nijàk


Dopo un po’ di pioggia ritorna il sole nella Ruohtesvàgge



L’imponente canyon nei pressi del rifugio al centro del parco



Il tramonto tinge nubi e monti per più di un ora a queste latitudini




Uno zoom sui ghiacciai non molto distanti



Discesa nella valle del Rapadalen



Il lungo sentiero tra foresta e paludi a lato del fiume

Finalmente in vista della meta: come da progetti pianteremo la tenda in vetta a Nammàsj


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