mercoledì 26 ottobre 2011

Piccole Dolomiti: Guglia GEI e Guglia Negrin

Come ormai ben sappiamo la stagione più bella per arrampicare è sicuramente l'autunno. L'aria fresca e le tonalità straordinarie del paesaggio portano una quiete nell'animo che solo alcuni esposti passaggi su roccia riescono a far fermentare. Sulle Piccole Dolomiti le temperature sono piuttosto rigide al nostro passaggio, sempre attorno allo zero e ogni tanto forse anche sotto. Le rocce sono gelide e il freddo entra nel corpo attraverso le dita, che non ce la fanno a stringere bene le prese e si trascinano a tentoni come vecchie ventose. Ciò nonostante siamo entusiasti e lentamente portiamo a termine una bella traversata di due guglie al Gruppo del Fumante: la GEI (1765m), dedicata al gruppo Giovani Esploratori Italiani, e la Negrin (1782m) di poco più alta. La via è divertente e le difficoltà mai troppo elevate, costantemente tra il III e il IV grado con un breve passaggio di V anche evitabile. La cosa molto bella nella scalata da queste parti è che sulle vie classiche non ci sono spit, solo vecchi chiodi a fessura, clessidre, e qualche spuntone. Quindi progressione tradizionale, avventurosa e affascinante. Qualche chiodo è sempre bene averlo con sè anche se poi spesso bastano le protezioni già presenti sulla via. Dalla cima della Guglia GEI con una bella doppia si arriva alla selletta omonima per poi ripartire diretti all'aerea e panoramica vetta della Guglia Negrin. Scorrendo gioiosamente sulle corde si torna infine alla base. Una splendida giornata, da caldarroste e vin Brulè, di cui per adesso abbiamo avuto solo la promessa. Attendiamo il mastro castagnaio.




Il Gruppo del Fumante con la GEI in primo piano





Il caratteristico Milite







Vita fredda e gioiosa in parete





Sulla cima GEI







Il tratto per risalire alla Guglia Negrin







Il Mastro castagnaio



Il Fumante con in primo piano l'elegante architettura del Dito di Dio

giovedì 13 ottobre 2011

Canyoning: giù per l'Orrido di Botri

Una meta in programma da molto tempo, spesso rimandata a causa della distanza da percorrere in auto nonostante la vicinanza dal crinale appenninico. Uno straordinario solco che incide profondamente le rocce calcaree dell'appennino lucchese, un canyon imponente scavato dallo scorrere millenario del rio Pelago protetto da una riserva naturale integrale dal 1971.
Il canyon è in parte visitabile lungo un percorso turistico che termina sotto una cascata.

Lasciata l'auto a valle, troviamo un passaggio sulla strada per Foce Giovo fino al rif. Casentini e da qui per breve sentiero guadagnamo il rio Mariana, il ramo Ovest dei due che, congiungendosi, formano il rio Pelago. Da qui all'auto l'unica certezza è che dobbiamo scendere, per un dislivello di più di 500 m e uno sviluppo di 4 km.

L'estate, incurante del calendario, è finita per davvero solo da un paio di giorni, ma è stata talmente secca che troviamo il torrente quasi totalmente asciutto.
Di pietra in pietra cerchiamo dapprima di non bagnarci i piedi, ma già alle prime calate finiamo nell'acqua fino alle ginocchia. Un percorso avvincente in un ambiente fantastico, in una solitudine totale assicurata, tra strettoie e pareti a picco, pozze d'acqua blu e scivoli levigati. Una giornata in compagnia dell'acqua, nel torrente e negli scarponi, un sottofondo costante, l'unico rumore, anche quando scorre profonda sotto i sassi. Tratti pianeggianti si alternano a calate verticali, più di una decina attrezzate a fix. Una lunga discesa, faticosa ma veramente indimenticabile! Per affrontare l'orrido è da mettere in conto un probabile tuffo nell'acqua.

Nota: L'accesso all'orrido è regolato e limitato, per accedervi è necessario richiedere il permesso alla Riserva Naturale.
Nella foto sopra la "Piscina", l'ultima calata che separa il solitario mondo del canyoning dal percorso turistico.


Finalmente il torrente si insinua tra le pareti di roccia

Alla seconda calata, nonostante uno spezzone di corda fissa, c'è già da pucciare le gambe in acqua!

Si susseguono magnifiche piscine naturali

A tratti il torrente è secco, ma sempre più incassato

Macabri incontri in luoghi inaccessibili

Qui credevamo che fosse finita, invece ne mancava ancora un bel pezzo!

martedì 11 ottobre 2011

GR 20 Nord: Calenzana-Vizzavona

Pubblichiamo il racconto di un Alpinista del Lambrusco in solitaria sul GR 20 - Corsica. Una delle randonnèe più belle del mondo su un'isola magica. Un lungo cammino. Un viaggio dentro se stesso.


Walking on my own
"Già da Febbraio ci stavo rimuginando sopra; questo potrebbe proprio essere l’anno buono per una traversata solitaria. Pianificazione veloce, organizzazione velocissima e il 2 Agosto alle 15.00 inizio a camminare verso Ortu du Piobbu (1570 m), il cartello dice sei ore, il termometro oltre 30°C, lo zaino pesa troppo… alle 17.30 dopo una rapida quanto drammatica lotta con tre capre per l’unico terrazzino pari sul sentiero mi fermo a bivaccare sopra al golfo di Calvi. Sono stanco, la gamba non c’è ancora, ma sono proprio dove vorrei essere: lontano dalla confusione e dalla routine.
La prima vera salita su grossi massi porta a Bocca Piccaia (1950 m), sul sentiero che porta verso il Carrozzu (1270 m) non c’è nessuno e riesco a godermi lo spettacolo selvaggio della natura intorno. Il monte Cinto (2706 m) è lì davanti e in lontananza  montagne e rocce a perdita d’occhio.
Il GR20 in generale è abbastanza frequentato (e ottimamente segnato) ed così che il terzo giorno mi trovo a camminare insieme a una coppia di francesi e due ragazzi tedeschi. Parlando del più e del meno per tutto il tempo arriviamo senza tanti patemi ad Asco Stagnu (1422 m), luogo non proprio da cartolina dopo i tanti scorci bellissimi dei giorni precedenti.
Il quarto giorno oltrepasso il Cirque de la Solitude, discesa e salita a picco tra Bocca Tumasgines’ca (2183 m) e Bocca Minuta (2218 m) che movimenta un po’ il percorso e,  saltando il rifugio del Tighjettu (1640 m), arrivo direttamente a tuffarmi nelle pozze naturali nei pressi della  Bergeries del Vallone (1440 m), uno dei posti più belli di tutto il GR20.
Il giorno dopo vorrei unire due tappe e arrivare a Col de Verghio (1404 m), ma la salita al rifugio Ciottulu a i Mori (1991 m), il più alto di tutto il GR20, è tutta al sole e sono alle prese con la vescica più grossa che i miei piedi abbiano mai sopportato… dopo un paio di operazioni ad alluce aperto decido di fermarmi sotto al Paglia Orba (2525 m) e a Capu Tafonatu (2335 m). Da qui si possono salire  facilmente le due cime, ma il piede consiglia prudenza visto che la strada è ancora lunga…
Col de Verghio è un vero e proprio camping (con docce calde!!) a fianco della prima strada asfaltata che ho incrociato da Calenzana. Da qui si parte per il rifugio de Manganu (1601 m) passando per il magnifico lago di Nino (1743 m).
Dopo l’ennesimo bagno decido di bivaccare nelle vicinanze della Bergeries de Tolla (940 m). Mi accorgo qui che arrivare a Conca, alla fine del GR20 Sud, mi risulta abbastanza difficile visto che i giorni  a mia disposizione iniziano a calare. Poco male, in fondo quel che cerco veramente non è la meta ma il viaggio o meglio, come direbbe Thoreaou, camminare.
Dopo undici giorni di salite e discese su pietraie, paesaggi mozzafiato, tuffi ghiacciati e notti stellate posso dire di essere soddisfatto. Alla fine ho trovato quello che cercavo; riscoprire che vivere con poco si può, sentire che il pane appena fatto è veramente buono e che fare due chiacchiere con una persona appena conosciuta può essere divertente… ecco perché cammino, in fondo è tutto qui."





Scorci dalla cresta











Scorci delle surreali montagne di Corsica 







Bivacco alla Bergeries del vallone


Il solitario viandante



Anche oggi non piove



I segni del viaggio libero 



Paglia Orba e Capu Tafonatu





Lago di Nino





Bergeries de l'Onda



Il crocevia di Vizzavona