giovedì 30 maggio 2013

Dal Muzzerone alla Valle del Sarca


Ci sono giornate che non vanno proprio come le si erano programmate. Ci sono momenti in cui può succedere di tutto. Il nostro piano era ben diverso, avevamo la tenda, il pentolame e alcune buone idee. Una serie di imprevisti (pioggia, neve, capitomboli, graffi e botte varie) ci ha costretto a reinventare tutto. Fortunatamente con buon esito. E ne abbiamo ricavato due buone scampagnate, in un paio di luoghi chiave per l'arrampicata di solo piacere. 
(Foto in alto: il golfo di La Spezia dominato da un Appennino bianco, un'immagine più unica che rara in questa stagione)



La scogliera del Muzzerone. 

Ottima roccia sulla via Excalibur


In sosta si leggono le poesie di Eugenio Montale


Il tiro chiave: da affrontare faccia a valle...


Sul groviglio di linee alla parete del Limarò



Il tanto bistrattato versante del Limarò. Una parete per giornate allegre e spensierate. Chi dice che la roccia fa schifo non conosce il grado su edera!

lunedì 6 maggio 2013

San Leo a goccia d'acqua



"Solo facendo largo uso di staffe, chiodi, moschettoni, cunei di legno, corde, cordini e forando la roccia con il famigerato bulino, si potevano realizzare via nuove tanto difficili quanto assurde, senza spostarsi dalla linea ideale che avrebbe appunto segnato una goccia d'acqua cadendo dalla vetta."
Cesare Maestri

Da una malsana idea nata il sabato a mezzogiorno, ci ritroviamo a finire la giornata appesi sulle staffe alla Rupe di San Leo. 
Su questo bello quanto friabile strapiombo in Valmarecchia, proprio sotto la verticale della torre Nord del maestoso forte famoso per aver rinchiuso il Conte di Cagliostro, Cesare Maestri ed Ezio Alimonta tracciarono una linea perfetta, a goccia d'acqua come il loro alpinismo usava allora. Lo fecero ta 26 e 27 maggio 1968, bivaccando appesi alle staffe alla seconda sosta, e forse piantando quei chiodi a pressione già progettavano la clamorosa salita al Torre di due anni dopo.
Prima o poi l'avremmo fatto, ed ora è arrivato il momento di improvvisarsi nell'arrampicata artificiale e nell'uso delle staffe. Ci avviciniamo alla parete euforici anche se sono già le 18.00 e piove forte (ma per fortuna finirà subito). Un'inconfondibile processione di chiodi a pressione, come formichine, indicano la via che sfugge oltre lo zenith. Iniziamo il duro lovoro che ci tocca per quei 100 metri strapiombanti, tra staffe e moschettoni da mungere senza fine. Facendo un po' di attenzione nel giocare con le staffe si riescono anche a risparmiare un po' di energie. La progressione richiede un sacco di tempo e, senza quasi accorgercene, sbuchiamo in cima alle 22.30 (provvidenziali l'illuminazione della rocca e la frontale sempre appresso)!

La salita, dato il numero imbarazzante di chiodi in parete, è quasi banale ma richiede molto tempo ed energie. Sicura e ben accessibile, è comunque un'ottima via per un primo approccio all'artificiale, presentando difficoltà di A1 costanti. Consigliabili almeno due staffe a testa e le scarpe da avvicinamente pouttosto che le scarpette.
L'accesso alla parete passa per i campi sotostanti e attraversa una fascia boscosa con un sentierino ben visibile e segnato da ometti. La sosta iniziale è su un pilastrino salibile grazie ad alcuni metri di corda fissa. Libro di via alla seconda sosta. In uscita, prima che erba e arbusti prendano il posto della roccia, traversare qualche metro a sx e cercare un paio di vecchi chiodi tra i rovi sui mattoni della torre (presente una corda penzolante a cui sconsigliamo di appendersi in quanto fissata in modo assai dubbio). La via è percorribile anche se piove e di notte, in quanto la parete è ben illuminata da fari potentissimi.

Una bella serata in compagnia, leggendo una pagina di storia dell'alpinismo un po' diversa dal solito. Ne valeva di certo la pena, anche se rimangono tutte le domande sul perchè di quella via in quel luogo e in quel modo.


La parete è evidente e l'avvicinamento è breve.





 Sul primo tiro iniziamo da subito a prendere confidenza con le staffe e con l'esposizione.


 Nick finalmente arrivato alla prima sosta.





 L2, in continui strapiombo ed esposizione.

 Uno sguardo ai bei colli attorno, prima che arrivi inesorabile il buio.


sabato 4 maggio 2013

Pizzo d'Uccello - Diedro Sud


Il Pizzo d'Uccello è una montagna davvero completa. Da qualsiasi parte lo si guardi ha la sua prospettiva pefetta: la superba parete Nord, il versante di Vinca con l'elegante filo di cresta della Nattapiana, la cuspide rocciosa che cade a picco sulla val Serenaia, dove corre la via normale, e infine il versante Sud che appare come un castello di roccia compatto con una grande spaccatura proprio al centro: il Diedro Sud. Si tratta di una via classica che sale per l'evidente diedro sfruttando le debolezze della parete. Complessivamente sono 6 tiri con difficoltà più o meno sempre analoghe e variabili tra il IV e V grado. La via è attrezzata con pochi vecchi chiodi a fessura, qualche sosta è attrezzata con cordini e spit. Nei passaggi che lo richiedono si trova sempre una protezione, noi abbiamo integrato con una serie di friend.
Per raggiungere l'attacco ci sono due possibilità: 1_partenza da Vinca con direzione Foce Giovo sino a portarsi sotto l'evidente diedro; 2_dal Rif. Donegani, salire a Foce Giovetto e poi abbassarsi e traversare verso l'attacco come nel nostro caso; in entrambi i casi circa 1,30 ore.
La salita è abbastanza logica e la roccia sempre molto bella, compatta e ben ammanigliata dove serve. La via non sbuca in vetta (possibilità di farlo attraverso la via Tiziana) ma nei pressi della via normale di cui ne percorriamo l'ultimo tratto sino alla cima del Pizzo d'Uccello.
Ci fa compagnia una sola cordata impegnata sulle placche dell'Antidiedro. Il circondario ormai abbiamo imparato a conoscerlo: Grondilice, M. Sagro, Pisanino, M. Cavallo, ... Sulle Apuane, ogni volta, wilderness e il contatto con la montagna sono assicurati! In conclusione salita assolutamente consigliabile.

 La val Serenaia con i profili del M. Cavallo


 nei pressi di Foce Giovetto





 L1

 La prima sosta, in posizione aerea e panoramica


 L2

 
 

 L3


L4

In basso, l'altra cordata impegnata sull'Antidiedro

 Giampa in arrivo alla quarta sosta


L5

S5


 I 1781 m della vetta