“Il vero alpinista
è un vagabondo, è l’uomo che tenta nuove ascensioni. Non importa se vi riesca o
no; egli ricava il suo piacere dalla fantasia, o dal gioco della lotta”
A. F. Mummery è stato il più influente alpinista del
suo tempo e sicuramente uno dei più grandi precursori di quelle che sono le
moderne idee di scalata. Nato nel 1855 a Dover (UK), rappresenta forse una
magnifica eccezione a quelle che erano le consuetudini alpinistiche di fine ‘800.
La sua carriera inizia prestissimo, con l’ascensione del Cervino a soli 15
anni, per poi proseguire in maniera straordinaria e sostanzialmente
ininterrotta. Vero pioniere dell’alpinismo senza guide, Mummery sosteneva che
la vera salita è quella che un uomo riesce a portare a termine con mezzi leali,
in un confronto diretto con la montagna. Sebbene compì molte salite con la
grande guida svizzera Alexander Burgener, egli cercava nel rapporto col
compagno di cordata una situazione paritetica, in cui dividere equamente
responsabilità e meriti. Lo stesso Burgener giunse ad ammettere che Mummery
scalava meglio di lui.
Nel 1879 l’inglese si avventurò di nuovo sul Cervino
aprendo la via della Cresta di Zmutt e l’anno dopo salì il pericoloso canalone
nord del Colle del Leone. Qualche anno dopo ripeté queste vie senza guide.
Nei primi anni 80 dell’800 riuscì a portare a termine
una serie di prime ascensioni sulle Aguilles Du Chamonix che per l’epoca furono
impressionanti. Nel 1881 scalò l’Aiguille Du Grépon superando un’ostica fessura
con difficoltà fino al IV grado e nel 1882 l’Aiguille Des Grands Charmoz.
Queste vie sono tutt’oggi definite da pareri autorevoli come le prime
ascensioni “molto difficili” della storia alpinistica.
La particolarità dell’approccio di Mummery fu anche
nella visuale ludica che aveva della scalata. Ed anche in questo anticipò
largamente i tempi. Non era propriamente la vetta quello che importava, ma il
gioco dell’ascensione, del superamento dei problemi che oppone la montagna. L’alpinismo
come un modo di esprimersi, di comunicare aprendo nuovi itinerari. Con un
onnipresente senso dello humour teso a portare in secondo piano la fatica e le
sofferenze.
Nel 1888 e nel 1890 compì spedizioni anche sulle
montagne del Caucaso dove riuscì a salire alcune cime di oltre 5000 metri.
Nel 1894 sale l’Aiguille Verte per la cresta del Moine
e il Monte Bianco per lo sperone della Brenva. Il tutto senza la compagnia di
guide alpine.
Con una visione che anticipava i tempi in maniera forse
spropositata, ma entusiasmante, nel 1895 organizzò una spedizione leggera (sei
alpinisti europei e due portatori) per tentare di raggiungere la cima del Nanga
Parbat dal versante Diamir. Forse non era ancora tempo per imprese di questo
genere. Mummery e altri due compagni furono avvistati l’ultima volta alla quota
di 6100 metri dopodiché di loro non si seppe più nulla.
Di questi tempi dove anche in montagna la tecnologia la
fa da padrona, è bello ricordare il famoso aneddoto in cui Mummery tentando la
salita del Dente del Gigante giunse ad una placca dall’aspetto insuperabile e,
rimanendo fedele ai suoi principi di onestà, lasciò un biglietto con scritto: “assolutamente
impossibile con mezzi leali”. Il noto “by fair means” che più spesso tutti
dovremmo ricordare.
Bibliografia consigliata:
“Le
mie scalate nelle Alpi e nel Caucaso” A.F. Mummery, Cda Vivalda,
Torino 2001
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