lunedì 26 novembre 2012

Storia dell'alpinismo: Albert Frederich Mummery


“Il vero alpinista è un vagabondo, è l’uomo che tenta nuove ascensioni. Non importa se vi riesca o no; egli ricava il suo piacere dalla fantasia, o dal gioco della lotta”


A. F. Mummery è stato il più influente alpinista del suo tempo e sicuramente uno dei più grandi precursori di quelle che sono le moderne idee di scalata. Nato nel 1855 a Dover (UK), rappresenta forse una magnifica eccezione a quelle che erano le consuetudini alpinistiche di fine ‘800. La sua carriera inizia prestissimo, con l’ascensione del Cervino a soli 15 anni, per poi proseguire in maniera straordinaria e sostanzialmente ininterrotta. Vero pioniere dell’alpinismo senza guide, Mummery sosteneva che la vera salita è quella che un uomo riesce a portare a termine con mezzi leali, in un confronto diretto con la montagna. Sebbene compì molte salite con la grande guida svizzera Alexander Burgener, egli cercava nel rapporto col compagno di cordata una situazione paritetica, in cui dividere equamente responsabilità e meriti. Lo stesso Burgener giunse ad ammettere che Mummery scalava meglio di lui.

Nel 1879 l’inglese si avventurò di nuovo sul Cervino aprendo la via della Cresta di Zmutt e l’anno dopo salì il pericoloso canalone nord del Colle del Leone. Qualche anno dopo ripeté queste vie senza guide.

Nei primi anni 80 dell’800 riuscì a portare a termine una serie di prime ascensioni sulle Aguilles Du Chamonix che per l’epoca furono impressionanti. Nel 1881 scalò l’Aiguille Du Grépon superando un’ostica fessura con difficoltà fino al IV grado e nel 1882 l’Aiguille Des Grands Charmoz. Queste vie sono tutt’oggi definite da pareri autorevoli come le prime ascensioni “molto difficili” della storia alpinistica.
La particolarità dell’approccio di Mummery fu anche nella visuale ludica che aveva della scalata. Ed anche in questo anticipò largamente i tempi. Non era propriamente la vetta quello che importava, ma il gioco dell’ascensione, del superamento dei problemi che oppone la montagna. L’alpinismo come un modo di esprimersi, di comunicare aprendo nuovi itinerari. Con un onnipresente senso dello humour teso a portare in secondo piano la fatica e le sofferenze.

Nel 1888 e nel 1890 compì spedizioni anche sulle montagne del Caucaso dove riuscì a salire alcune cime di oltre 5000 metri.
Nel 1894 sale l’Aiguille Verte per la cresta del Moine e il Monte Bianco per lo sperone della Brenva. Il tutto senza la compagnia di guide alpine.
Con una visione che anticipava i tempi in maniera forse spropositata, ma entusiasmante, nel 1895 organizzò una spedizione leggera (sei alpinisti europei e due portatori) per tentare di raggiungere la cima del Nanga Parbat dal versante Diamir. Forse non era ancora tempo per imprese di questo genere. Mummery e altri due compagni furono avvistati l’ultima volta alla quota di 6100 metri dopodiché di loro non si seppe più nulla.

Di questi tempi dove anche in montagna la tecnologia la fa da padrona, è bello ricordare il famoso aneddoto in cui Mummery tentando la salita del Dente del Gigante giunse ad una placca dall’aspetto insuperabile e, rimanendo fedele ai suoi principi di onestà, lasciò un biglietto con scritto: “assolutamente impossibile con mezzi leali”. Il noto “by fair means” che più spesso tutti dovremmo ricordare.

Bibliografia consigliata:

“Le mie scalate nelle Alpi e nel Caucaso” A.F. Mummery, Cda Vivalda, Torino 2001


martedì 20 novembre 2012

Pania Secca: Cresta Gialunga


Per gentile concessione di alcuni amici pubblichiamo alcuni scatti da questa bellissima ravanata alpinistica in Apuane. Trattasi della cresta Gialunga, un bel filo di 700 metri dal sapore decisamente avventuroso. 
(Nella foto sopra: Pania della Croce, Alpi Apuane)

Il versante sud est della Pania Secca (1711 m slm) si presenta come una delle strutture rocciose più imponenti e selvagge delle Alpi Apuane. All’estremità meridionale della parete corre la cresta sud-sud-est, detta anche Gialunga, che si mostra in tutta la sua maestosità provenendo dalla Garfagnana in prossimità di Gallicano. La Gialunga, salita per la prima volta nel lontano 21 aprile 1927 dalla cordata Bozzo-Buscaglione-Speich, appare come uno sperone di ben 700 metri di dislivello che dai pressi della cima della Pania Secca precipita fin poco sopra le case di Fornovolasco. L’ambiente è tipicamente Apuano, mai banale e mai scontato: carpineti e faggeti lasciano presto il posto ad immense placconate di roccia o troppo solida o troppo rotta, quindi pareti di “erba verticale”, meglio conosciuta dai frequentatori come “palèo”, arrivano fino alle affilate creste dalle quali..si tocca il mare con un dito….
L’accesso alla cresta Gialunga avviene dal paese di Fornovolasco (480 m slm) dove si imbocca la strada per la Grotta del Vento; in prossimità di un piccolo ponte (il secondo dall’imbocco della strada) si abbandona la macchina in uno spiazzo sulla sinistra e si imbocca il segnavia 130 costituito da una strada carrabile che in breve porta alla Casa Gialunga, da cui il nome della cresta. Si lascia sulla sinistra il sentiero 130 e ci si addentra nell’alveo profondamente scavato e dai fianchi di dubbia stabilità del torrente sotto la Casa Gialunga, lo si percorre per qualche centinaia di metri e se ne esce sulla destra imboccando il canale che scende dal Sassolungo, inconfondibile propaggine inferiore della cresta. Si risale faticosamente il canale, ravanando per ghiaioni e superando con facili passi di arrampicata placche levigate dall’acqua, fino a portarsi ai piedi del Sassolungo a circa 1000 metri di quota dove ha inizio la cresta vera e propria. Il Sassolungo è caratterizzato da diversi diedri formati da compatte placche intervallate da grossi blocchi “pensili”… solo l’intuito vi dirà qual è il diedro da percorrere… nel nostro caso dopo un primo tentativo lungo il diedro apparentemente più semplice abbiamo optato per aggirare l’ostacolo sull’estrema sinistra dove un canale di erba e rocce rotte porta direttamente sul filo di cresta.
Da qui non resta altro che seguire il filo.. inizialmente per semplici rocce rotte..quindi per una bellissima placconata compatta che và via via impennandosi (presenti alcuni chiodi di passaggio e soste nel tratto più ripido) fino al famoso tratto orizzontale o meglio in leggera discesa…affilatissimo, con profondi precipizi su ambo i lati e roccia…marcia…! La presenza di soste ogni 30 metri (quattro in tutto) non toglie il sapore della precarietà dei passaggi e dell’essere appesi ad un nulla…
La cresta riprende con un tratto verticale (anche qui presenza di sosta e chiodi di passaggio) che progressivamente si addolcisce su blocchi instabili e palèo fino a raggiungere la cresta ovest-sud-ovest da cui facilmente in vetta….
Per la discesa si percorre a ritroso la cresta ovest-sud-ovest (via normale), si risale al Rifugio Rossi (tappa d’obbligo) e alla Focetta del Puntone…se c’è tempo, come nel nostro caso, vale veramente la pena di fare una puntata sulla Pania della Croce (1859 m slm), la Regina delle Apuane, sormontata da un’enorme croce e da cui si domina il litorale Versiliese e le 5 Terre. Con un po’ di attenzione si discende per la cresta est alla Foce di Valli (raggiungibile anche dalla Focetta del Puntone nel caso in cui non si salga alla Pania della Croce) e quindi per il lungo sentiero 130 si rientra alla macchina.

L’ambiente, la solitudine (si perché difficilmente troverete qualcuno a ripetere questa via), l’estrema attenzione che richiede muoversi su terreni delicati,  non vi faranno render conto dei 1500 metri di dislivello positivo e negativo superati nel corso della giornata…le gambe saranno stanche ma vi rimarrà soltanto impresso il desiderio di tornare in questo piccolo mondo ricco di tante possibilità di avventura d’altri tempi…LE APUANE…
















sabato 10 novembre 2012

Ritratti: il Giampa


Di matrice indiscutibilmente contadina da molte generazioni, il Giampa è un personaggio di quelli che a lungo termine non stancano. Ed è uno che organizza. Conosce buona parte dell’itinerario prima di partire, i tempi previsti, le possibili varianti e le previsioni meteo. In questo è sempre stato lodevole, difficilmente sbaglia. La millimetrica pianificazione di discendenza ingegneristica che applica in ogni variabile, gli permette generalmente di mantenere alta la percentuale di successi, con una rabbia malcelata nei rari casi in cui non porta a termine il progetto. Provvisto di uno sconfinato amore per la montagna e per tutto ciò che è avventura, lascia una traccia quasi nobile durante la scelta degli itinerari. Traccia ben visibile solo a chi lo conosce bene, e che alla fine si rivela essere più “rustica” del previsto. La gentildonna che lo accompagna aveva probabilmente capito da un pezzo che la contesa sarebbe stata con le rocce, il ghiaccio e le altezze. Avversari con cui purtroppo è difficile instaurare un dialogo. Non per niente tutti hanno accettato che la sua prima fidanzata sia sempre stata la Marmolada, montagna che ha nel cuore e che gli ha dato il battesimo come scalatore. Di gusti fin troppo tradizionali, il suo stomaco maldigerisce qualsiasi cosa che non sia di derivazione emiliana. Un organismo che va a Lambrusco e Tortelloni. Questo gli ha creato non pochi problemi durante i viaggi e sulle montagne forestiere. Un uomo e un alpinista classico insomma, ben collocabile  nell’epoca vittoriana, al fianco di gente come John Ball o A.F Mummery, durante la sistematica ed appassionata esplorazione delle Alpi.   




























martedì 6 novembre 2012

Valle del Sarca, Via delle Fontane

 

Come un anno fa, l'inizio di novembre vede una macchinata di Alpinistidellambrusco in visita ad Arco e dintorni. La brutta sorpresa, appena arrivati in Valle, è la pioggia, che ci costringe ad iniziare la giornata con un tour per i negozi di Arco. Per fortuna il sole ritorna, e a mezzogiorno mettiamo finalmente le mani sulla parete di Mandrea, esposte a sud e probabilmente asciutta.
Attacchiamo la Via delle Fontane con diversi dibbi. E' tardi, e il primo tiro, all'ombra del bosco, è un terrificante e sdrucciolevole ravanamento. Non senza fatica lo superiamo, ma qui Nick, a quanto pare l'unico che ha davvero capito la situazione, si ritira. Due cordate da due, sicuramente più veloci, proseguono. Una di queste, per sbaglio, si avventura sulla variante Kliff Kloff. Facendo del nostro meglio, dopo una bella e varia arrampicata, ne usciamo grazie alla luce delle frontali nell'ultimo tiro. Ad attenderci nel bosco Nick, con la macchina parcheggiata a due passi, ci evita un lungo ritorno al buio.

Una relazione della via, presa in prestito dai Sass Balòss.


 L'umido inizio della via delle Fontane


 Tratto in artificiale all'inizio del secondo tiro.




 La bella fessurona del terzo tiro.


 L'attacco della variante Kliff Kloff dalla quarta sosta



 L'enorme camino della quinta lunghezza

 L6: il camino si restringe fin sotto un grande tetto, da aggirare con delicato traverso a destra. 

AGGIORNAMENTO!
Via delle Fontane in libera: VII+
L'autore della libera è indicato in foto dal dito


In uscita dal camino