martedì 29 maggio 2012

Les Calanques: un calcareo diversivo francese (parte 1)


Il brutto tempo ci caccia dall'Italia ma non ci facciamo intimidire e, volti gli sguardi oltr'alpe, decidiamo di esplorare il calcare che allevò e fece uomo un grande alpinista: Gaston Rebuffàt. Le Calanques sono la dimostrazione che montagna e mare hanno un'origine comune e un affiatamento eterno. A pochi chilometri da Marsiglia altissime sporgenze verticali piombano nell'acqua, di un calcare bianco e lucente, quando la vegetazione mediterranea le tiene scoperte. Dalla strada al mare c'è circa un'ora a piedi attraverso un'altopiano brullo e sassoso, senz'acqua né alberi, tanto che d'estate è limitata la frequentazione per pericolo d'incendio. 
C'è da perdersi, quindi è consigliabile fare tappa a Cassis, dove all'ufficio turistico si può acquistare la guida delle arrampicate, dalle vie alpinistiche ai moderni tiri di Deep Water Soloing. 
Dormire è vietato, ma c'è chi si accampa comunque e troviamo anche un piccolo bivacco al Belvedere, punto panoramico sul Calanque di En Vau. Purtroppo, a causa dell'alta frequentazione, molte vie sono patinèe, cioè unte tanto da rendere assai ostici i passaggi chiave. Le vie sono generalmente ben protette a fix o spit, portare una 15ina di rinvii e cordini per allestire le soste.
Attenzione ai parcheggi perché, com'è risaputo, nei paraggi brulicano di ladri (Marsiglia è a 10 Km). Consigliamo di lasciare direttamente l'auto aperta per non avere finestrini rotti o serrature scassinate (com'è successo a noi). 



 L'Ile Riou e il Calanque de Morgiou



 Sulla sinistra la famosa Arete de Marseille e la Chandelle
Cap Morgiou, Calanques de Morgiou e de Sugiton


Sur le trace de Gaston 
(8L: da 5b a 6a+; 160m di sviluppo, chiodatura ottima a fix)


Splendida via che prima contorna e poi risale verticalmente l'Aguille dl'Eissadon, un bianco pinnacolo roccioso alto 90m a picco sul Mediterraneo. I primi tre tiri concatenano un traverso molto particolare, un gioco tra le spume delle onde, a pochi metri dall'acqua. Si inizia quindi a risalire con percorso contorto e sempre esposto, tra muri vetricali e traversi, sempre troppo levigati dalle ripetizioni. Si scende dal lato opposto con due o tre doppie, presenti alcune catene e alberi. Itinerario sconsigliato a chi proprio non va d'accordo col mare.



 L'Aiguille de l'Eissadon contorna il piccolo Calanque omonimo


 Umidi traversi sospesi sulle onde


In vetta all'Aiguille



Più tardi... un Belvedere di nome e di fatto!

domenica 27 maggio 2012

Bismantova: via Zuffa 70




Sempre in pietra alla scoperta degli itinerari più classici. Quello di questo giovedì è firmato Zuffa-Ruggero, 1970. Aperta in artificiale, oggi è una tra le più belle salite in libera di Bismantova, sicuramente la via più rettilinea che abbia mai salito in pietra, percorre una bella fessura-diedro che solca interamente la verticalissima parete Est.
Chiodatura buona a fix anche se un po' lunga, soprattutto nell'ultimo tiro, dove si sono rivelati utilissimi i tricam. La roccia migliora salendo, da discreta a ottima.

L1: 35m; V+, 6a.
L2: 30m; 6a+, 6b.
L3: 25m; 6a, 6b.





  

Nick in azione sul primo tiro




 L2, il tiro chiave

S2



Il bellissimo diedro dell'ultimo tiro

Oggi siamo in compagnia di uno spericolato che arrampica in free solo sul 6b della via Cocaine, proprio di fianco a noi

venerdì 25 maggio 2012

Storia dell'alpinismo: Gino Soldà


La frequentazione delle Piccole Dolomiti non può esimere dal conoscere la storia di Gino Soldà, uno dei più influenti alpinisti maturati tra quelle guglie. Nato a Valdagno nel 1907, fissò poi la sua dimora nella vicina Recoaro Terme, porta d'accesso al mondo roccioso del Baffelan e del Carega. Manifestando un talento precoce, già giovanissimo si distinse per le numerose salite sulle montagne di casa, solitarie e prime invernali. Tra tutte, negli anni seguenti, il pilastro nord est del Baffelan, il caratteristico Dito di Dio per il versante nord est e la parete sud del Sengio della Sisilla. Nel 1928 diventa Guida Alpina e lavora come gestore al rifugio del Passo Campogrosso e nel decennio successivo l'ascesa dell'alpinista Soldà è continua ed inarrestabile. All'arrampicata affianca lo sci di fondo agonistico che lo porta al successo nelle Olimpiadi invernali di Lake Placid.

Tra i primi in Italia ad innalzare le difficoltà su roccia al VI°, apre diversi itinerari dolomitici che definire classici è a dir poco riduttivo. Del 1936 sono i suoi due grandi capolavori. Prima la grande parete nord del Sassolungo, su cui è noto l'aneddoto di Messner che spezzò il martello durante la ripetizione solitaria, poi la parete sud ovest della Marmolada, che scalò con il compagno Conforto battendo sul tempo numerosi altri pretendenti.

Negli anni della guerra Gino Soldà partecipa attivamente alle battaglie di liberazione partigiane e forte della conoscenza alpinistica riesce a trarre in salvo parecchi ebrei scortandoli in Svizzera attraverso i valichi alpini. Solo una volta terminato il conflitto riprende l'attività di guida. Il 1954 è l'anno della spedizione italiana al K2. Soldà viene chiamato a partecipare come caposquadra grazie alla sua esperienza ed al suo carisma. E il più anziano del gruppo e durante la spedizione arriva oltre i 7000 metri al campo 7. Intanto, sempre in quell'anno, a Recoaro viene fondata la prima stazione di Soccorso Alpino di cui Soldà è uno dei più attivi fautori. Per 21 anni sarà capostazione portando a termine numerosissimi interventi di soccorso in montagna.

Continuò l'attività alpinistica e sciistica fino a 78 anni, concludendo la sua gloriosa carriera su quel Monte Baffelan che gli aveva dato i natali come scalatore.

Muore nel 1989 a Recoaro Terme lasciando in eredità a quelle vallate una grande conoscenza della montagna. A lui sono intitolate la sede del CAI locale, le scuole di alpinismo e un centro al Passo Campogrosso.


Bibliografia consigliata:

Gino Soldà. Dalle Piccole Dolomiti al K2, di Magalotti Tommaso, ed. Nuovi Sentieri 2011

domenica 20 maggio 2012

Bismantova: via del Diedro




Quella del giovedì in Pietra sta diventando un'abitudine sempre più radicata, complice un ormai consolidato ciclo meteorologico fantozziano che alterna pioggia il weekend e bel tempo durante tutta la settimana.
Per questa volta ci lasciamo alle spalle l'arrampicata più avventurosa a favore di una via più frequentata, ben chiodata a fix e su roccia nel complesso buona: la via del Diedro, aperta dalla coppia Zuffa-Ruggiero nel '69. 
L'itinerario percorre una serie di diedri che solcano il lato destro dell'imponente Spigolo dei Nasi. L'attacco si trova sul sentiero, pochi metri dopo il breve tratto ferrato in discesa, in corrispondenza di un alberello e di una scritta.
Concatenando comodamente alcune lunghezze si può velocizzare molto la salita.

L1: 45m; V, VI; V+, VI. Salire il bel diedro su roccia un po' friabile fino ad un terrazzino (25m, sosta intermedia); salire ancora il diedro, a tratti strapiombante, fino alla sosta su di un terrazzino.
L2: 30m; V+, 6a, IV+. Si prosegue nel diedro, spesso bagnato nel tratto più difficile e strapiombante; si sale infine un tratto verso sx, quasi una decina di metri più facili ma totalmente sprotetti (e difficilmente proteggibili) fino alla sosta comoda sul filo dello spigolo.
L3: 15m; V, IV. Superato un breve strapiombo si sosta su comoda cengia.
L4: 40m; V, 6a, V; III. Si traversa a sx un tratto friabile e invaso dai rovi per raggiungere il diedro strapiombante; salito il diedro si piega a dx in prossimità di un albero secco (30m, sosta intermedia) da cui, attraverso un facile camino, si raggiunge la sommità.








Il primo tiro


Il secondo tiro, nell'ultima foto il tratto sprotetto


S2


 S3, tra rovi ed agli selvatici



L4