(courtesy by planetmountain.com)
Niente di Mello della val di Meglio! Si e poi si: davvero una goduria di valle, una valle perfetta, divisa da un fiume azzurro sui fianchi del quale crescono alberi e massi scuri, accartocciata intorno a lisce ed incombenti pareti di granito grigio, densa di storia e di storie, di sogni, di donne e uomini trascinati dal vento del cambiamento...
E' nell'aria umida di Formigine che i nostri fanali cercano un senso, una direzione. E' passata mezzanotte da appena mezz'ora. In pochi minuti raggiungiamo l'autostrada, verso Milano, poi Lecco, direzione Sondrio, Val di Mello. Qui, verso le 4 di mattina, un susseguirsi di camper, tende, macchine ed ogni tipo di accampamento si manifestano ai nostri occhi increduli e stanchi: davvero tra poche ore avremo la possibilità di vivere quell'avventura tanto cercata? Pare di si: quando, alle 7.30, ci svegliamo siamo gli unici in tutta la valle. Il boulder è uno sport mooolto faticoso, soprattutto dopo la mezzanotte. Sono in pochi a tirar fuori il naso fuori dal sacco a pelo. La colazione aiuta a guardarci negli occhi: siamo in tre e tra di noi c'è chi non ha mai salito una via lunga senza spit, chi non ha mai salito su granito e chi vorrebbe essere ancora a letto. Ce ne faremo una ragione! Un pulmino, dalla frazione di San Martino, ci deposita all'imbocco della Val di Mello. Una signora anziana ci racconta che suo padre scalava: corda di canapa e scarponi, la moglie arrabbiata, le mucche a volte lasciate senza pastore; suo zio faceva il cacciatore e solo lui sa cosa riusciva a scalare!
Con buon passo alle nove e mezza siamo all'attacco della via, dopo una bella e faticosa salita nel bosco. Davanti a noi due "sole" cordate. Il primo tiro, VII, bensì boulderoso, è breve: una bella sveglia decisa! Il secondo tiro impegna le nostre dita: sempre VII, in traverso sotto un tetto. Nic vola a metà del traverso: stava ancora sognando di poter scalare sulle orme di Antonio Boscacci, Mirella Ghezzi e Graziano Milani senza ancora comprendere di stare già letteralmente calpestandole! Dopo il traverso una serie di fessure in Dulfer di una vertiginosa bellezza conducono all'occhio del falcone: un delicato traverso, con qualche passo in discesa (o un pendolo sicuro) conducono ad una larga fessura. L'arrampicata, finora, ha offerto diedri, camini, traversi, tetti: ma qui essa si evolve, esce dagli schemi conosciuti e si proietta in una nuova dimensione, logicamente incomprensibile. La fessura continua, stringendosi sempre di più fino a strozzarsi del tutto sotto un piccolo alberello. Da qui comincia il traverso sprotetto su vena di quarzo, su cui spalmare per bene tutta la vibram possibile delle scarpette. Davanti a noi, nel frattempo, una cordata dall'inequivocabile accento prussiano si attarda, tappandoci e rallentando la nostra salita. Quando ci troviamo all'ultima sosta, prima di una delicata placca di V senza né un piede né una mano visibile, attardati dai tre sassoni, avvertiamo il ticchettare di qualche goccia di pioggia. Già ci vediamo appesi a pochi metri dalla vetta, in attesa dei soccorsi, mentre una cascata ci inonda senza pietà. Balziamo letteralmente verso alto, perdendo di vista protezioni, cautele, precauzioni e, per fortuna nostra e dei nostri anticorpi, siamo in cima prima che la pioggia inizi a rendere impraticabile l'arrampicata.
Complimenti a Franz e a Edo e alla loro eleganza in fessura!
Ritorniamo in valle sinceramente felici e molto stanchi. A due di noi aspetta un lungo viaggio verso casa, in cui le parole scambiate si conteranno sulla punta di un dito. All'altro, una doverosa festa saturdiana attende di essere trascorsa. A notte fonda ripiombiamo nei nostri letti, convinti che tutto quanto sia accaduto da un'altra parte e in un altro tempo, quando ancora era tutto possibile ed era sottile la differenza tra divertimento e impresa.
Precipizio degli asteroidi
Sassi e fiume
L'attacco
Il materiale (utilissimo!)
Il primo e il secondo tiro
La seconda sosta
Franz alla prima sosta
Nic sotto il primo passaggio ostico
Camino (e deviazione per Polimagò)
Dopo il tetto di VII
Seconda sosta
Il disgrazia ci osserva, ignorandoci
Terzo tiro
Quarta sosta dal quinto tiro, sotto l'occhio del falco
L'occhio del falco visto dalla discesa
S6
Il traverso di III su vena di quarzo
S7
Ultima placca sprotetta
Il maltempo incombe sul Disgrazia...e su noi!
Sosta da manuale
Vetta!
Locals
Bravi per la salita!...per il racconto Nicc non ho capito un cazzo!
RispondiEliminaNon vedo l'ora di tornare a danzare sul granito
RispondiEliminaE' avanguardia, Giampa!
RispondiEliminaComplimenti ragazzi !
RispondiEliminaFin dove si arriva con l'auto?
Fino all'ultimo paesino, poi tutto vietato. A piedi, venti minuti massimo e sei ai prati della val di Mello.
RispondiEliminaGrazie, ma abbiamo verificato, che in feriale, si prende ancora il biglietto al parcheggio San Martino. 5€ fino a 80 biglietti. Poi si può lasciare al parcheggio vicino al camping.
RispondiEliminaRagazzi che vione !
In effetti la fama è tutta meritata. Il problema dopo è tornare su "vie" comuni. :-)