
L'obiettivo della domenica è l'impegnativa via Cassin al Cimon della Bagozza, un itinerario aperto dal lecchese in compagnia di Frattini e Varallo l'8 luglio 1934. La via sale il maestoso spigolo N, che si erge per 400 metri verticali sui ghiaioni dell'alta Val di Scalve, un viaggio di 13 tiri con difficoltà fino al VI+.
Numerose relazioni parlano di roccia pessima ma per noi Alpinisti del Lambrusco, abituati alla fragilità di Bismantova e ai primissimi passi su questa roccia di stampo dolomitico, tutta la via risulta assai solida.
Passiamo così una bellissima giornata su di una parete che percepiamo sempre accogliente: un'interessante arrampicata di stampo decisamente alpinistico, con lunghi tratti tosti ma mai troppo difficili, di facile orientamento, chiodata a dovere (chiodi vecchiotti solo dove serve) e spesso da integrare (numerose clessidre e spuntoni, utili protezioni veloci o qualche chiodo e martello)
I complimenti al socio che, seppur alla sua prima esperienza alpinistica su roccia, ha tirato senza alcuna esitazione tutte le lunghezze pari.
L'ottima relazione da noi seguita è presa da questo link
Di seguito riporto il racconto della prima ascensione scritto da Cassin stesso nel libro "Capocordata"
"[...] L'idea del Cimon della Bagozza non è stata mia anche perché quello spigolo ribelle si trova in un terreno per me completamente nuovo: il gruppo del Camino, di tipo dolomitico, tra la Valle Camonica e la Valle di Scalve nelle Alpi Orobie. E' stato l'amico Frattini a convincermi ad andare: "Diamogli solo un'occhiata, senza impegnarci a fondo" diceva tirando fuori dal portafogli alcune fotografie di una superba piramide di roccia che si protende erta, dritta, evidenziata dai due canaloni che si incidono ai lati. "Questa lancia", aggiungeva per tentarmi "è il più affilato spigolo della Bergamasca e ha respinto tutti quelli che l'hanno tentata e ritentata". [...] Da dieci anni cordate di ottimi scalatori sferravano assalti, ma uno strapiombo di venti metri li aveva respinti tutti.
[...] Lasciamo la macchina alla malga Campelli di Sotto e raggiungiamo un bel laghetto: la montagna vi si riflette nitida come in uno specchio, e gemme di rugiada luccicano sui fili d'erba delle sponde. Dopo un così idilliaco inizio, tosto cominciamo a sudare su un pendio detritico lottando con gli sfasciumi, e, in circa un'ora di cammino, siamo alla base dello spigolo. Un entusiasmo pieno di brio è in noi: sarà la luminosità del primo mattino, saranno i contrasti fra i verdi più e meno chiari dei prati e dei boschi, e questa costiera prepotente che si staglia nel cielo senza una nuvola... A tutto ciò per me si aggiunge la curiosità di vedere come si presentano i famosi venti metri di strapiombo. Li supereremo? [...] Ecco la chiave dell'ascensione: lo spigolo viene avanti in una netta sporgenza di roccia compatta e liscia. Scorgiamo i primi segni dei precedenti tentativi, qui tutti falliti. Prima di cimentarci a nostra volta ci sediamo ad apprezzare il contenuto dei sacchi, placando la fame stimolata dall'alzataccia e dell'aria fine e pungente. [...] Scrutando, intravediamo un possibile passaggio: mi abbasso seguendo una spaccatura su parete liscia, in esposizione completa, ed entro in un piccolo colatoio. Anche questa volta trovo la traccia di un precedente tentativo: un chiodo con anello di corda segna il punto dove ebbe termine. Uno sguardo in su mi da la spiegazione della rinuncia: il colatoio sale verso sinistra e in alto si perde in una parete priva di appigli. E' li che non si passa, ed è li che devo passare. Raggiunto con dure manovre quel punto, trovo una piccola fessura che piega ancora verso sinistra e mi conduce, a prezzo di due ore di fatiche ininterrotte, sino a una piazzola di sosta.
[...] La sensazione di avercela fatta ci da una muta esaltazione. La vastità delle cortine dei monti, l'aerea vertigine di questa via, lasciano attoniti l'occhio e l'animo. Il sole è tramontato in un cielo striato di vermiglio, le provviste e l'acqua sono terminate e la parete è al suo ultimo tratto. Per rocce più facili saliamo fino a un altro colatoio che porta quasi al termine dello spigolo. Anche qui, come sempre, roccia facile significa scarsa sicurezza: l'erosione atmosferica ha libero campo sulle cime, e molti sassi si muovono obbligando a sostituire alla foga un'estrema attenzione per non colpire quelli che stanno sotto."
... sono la madre di Marco, come faccio a stare a casa tranquilla?
RispondiEliminaCiao Mamma di Marco,...è probabilmente impossibile rispondere alla tua domanda, lo stesso interrogativo se lo fanno tante altre mamme, compresa la mia....
RispondiEliminariporto una riflessione presa in prestito:
“La montagna è una febbre che ti prende da giovane e ti resta dentro, anche se il mondo va cambiando intorno a te, anche se i muscoli un giorno dicono basta e la famiglia reclama i tuoi spazi, e forse altre ragioni di vita meno egoistiche e più nobili vengono a sovrapporsi nel corso del tempo. Nonostante tutto alpinisti si resta, e da alpinisti, fino all’ultimo, si continua ad osservare le montagne con sguardo obliquo, cercando vie di salita, vagliando i colori e la grana della roccia, soppesando le condizioni del ghiaccio nell’algida luce di un’alba o nel riverbero di un tramonto. L’attaccamento alle pareti non si misura con gli anni e forse nemmeno con l’azione. Si misura con la passione. Questo è il fantastico, enigmatico, umanamente folle e follemente umano fascino della montagna, dove non ha senso ciò che si vede, ma solo quello che non si vede. Quella fiammella che gli alpinisti si portano dentro cercando di non scottarsi troppo.”
Giampa, mi hai quasi fatto piangere!
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