martedì 22 luglio 2014

GROSSGLOCKNER: Parete Nord_Via Mayerlramp

Avrebbe dovuto essere un lungo week-end speso sui ghiacciai dell'Oberland, ma il meteo incerto ad Ovest ci fa tenere il sogno nel Cassetto. Puntiamo alla salita su ghiaccio più ad est delle Alpi: il Grossglockner. Soprannominato il "Glockner" è la Cima più alta e famosa dell'Austria e del Tirolo. Mostra un profilo slanciato da qualunque parte lo si osservi, sul versante sud l'attenzione è catturata dalla bella linea rocciosa della Studlgrat, mentre sul versante Nord una vertiginosa parete di ghiaccio e misto precipita per 800 m sino a tuffarsi nel fiume di Ghiaccio del Pasterze, in fortissimo arretramento. La salita di questa parete è probabilmente la prima ascensione documentata di una parete Nord ad opera di due guide Austriache che intagliarono ben 2500 gradini per condurre in vetta il Conte Pallavicini. Col tempo sono state aperte diverse vie, tra le quali la Mayerlramp o rampa di ghiaccio, una bellissima linea molto varia che elegantemente supera la parete e conduce in vetta al Glockner per la cresta Nord-Ovest.
Si parcheggia l'auto, a caro prezzo, nel silo degli imponenti stabilimenti del Franz-Josefs-Haus. Qui ci sono solo turisti e preparare lo zaino con corde e piccozze ci mette quasi a disagio. La vista di una coppia di ragazzi Tedeschi che, armati come se non ci fosse un domani, si incammina verso l'imbocco del ghiacciaio, ci incoraggia e ci fa capire che non saremo soli. Sono due ragazzi di Monaco, e come noi sono diretti al Glocknerbiwak con la nostra stessa intenzione; condivideremo con loro quasi tutta l'avventura. Scesi al Ghiacciaio, lo attraversiamo subito e ci portiamo sulla parte sinistra della lingua glaciale, e lo risaliamo per intero sino all'altezza del Ghiacciaio Glocknerkees che scende con grandi seraccate dalla parete Nord. Qui abbandiamo il Pasterze e rimontiamo una grossa fascia rocciosa in corrispondenza di una spaccatura che pare essere il punto più accessibile per superare il salto roccioso che porta ai piedi del Ghiacciaio del Glocknerkees dove calziamo i ramponi. La posizione del bivacco sulla costola rocciosa di destra si intuisce e per superare i pendii glaciali che ci separano dal bivacco due possibilità: 1. (segno rosso) noi siamo passati tutto a dx, passando sotto la grande seraccata dalla quale comunque ci si tiene a debita distanza , oppure 2 (segno arancione)-si rimonta un primo pendio glaciale per passare sopra la grande seraccata. I due itinerari si ricongiungono nei pressi del bivacco che sorge in posizione magnifica proprio davanti alla parete, ed a picco sul Pasterze e sulla valle del paese di Heiligenblut. Il tempo si mantiene variabile, ma ci permette comunque di osservare la via della rampa e di godere di scampoli panoramici sulle cime circostanti, in particolare sulla vicina piramide glaciale di Johannisberg. Fa caldo e la notte nuvolosa non permette alla neve di rigelare a dovere. Alle 4.00 sono il primo ad uscire dal bivacco il cielo è nuvoloso e la cima del Glockner è avvolta nelle nubi in un'atmosfera cupa. Ci prepariamo ugualmente ed alle 4.45 partiamo puntando i pendii che precedono la Mayerlramp. I primi raggi di sole dissolvono le nubi regalandoci una bella alba soleggiata che aimè rammolliscono pericolosamente la neve già sofferente. Attacchiamo dubbiosi il primo tiro della Mayerl, ma ben presto capiamo che qui il terreno cambia drasticamente, ghiaccio duro e continuo e la via è all'ombra. Sono 5 tiri costanti con pendenze di 60/70°. Ci proteggiamo solo con viti da ghiaccio mantenendoci a debita distanza dalla parete dove peraltro il ghiaccio sembra peggiore. Scelta azzeccata! D'un tratto una grossa scarica di ghiaccio rompe il silenzio sfiorandoci! Con un delicato traverso verso Sx usciamo sul colle nevoso che dà accesso alla cresta Nord-ovest del Glockner. Qui entriamo nelle nubi e non ne usciremo più. La visibilità è comunque tale da permetterci di capire dove andiamo, e di arrampicare con relativa sicurezza sull'esposta cresta. La roccia è abbastanza buona, qualche lama ballerina non manca, ma la progressione è divertente. Non vediamo i precipizi che ci circondano, ma li percepiamo, soprattutto quando la  macchina fotografica maledettamente mi sguscia di mano e precipita negli abissi. Sono presenti saltuariamente dei golfari cementati per le soste. Noi l'abbiamo percorsa con i ramponi ai piedi facendo complessivamente 7/8 tiri con difficoltà di III/III+. Un solo passaggio di 2 m un pò più ripido. l'esposizione è sempre molto sostenuta! Dalla vetta ci si cala lungo la via Normale (attenzione a non imboccare la Studlgrat), si rimonta l'anticima e seguendo i fittoni metallici conficcati nella roccia si raggiunge il ghiacciaio a poca distanza dal bel Rif. Erzhzg-Johann H a 3450 m. Qui passiamo la notte. Per il ritorno tre possibilità:
1_discesa diretta sul Pasterze attraverso il ghiacciaio del Hofmannskees, è questa la via più logica e veloce per ritornare alle strutture del Franz-Josefs-Haus;
2_Trekking attraverso i rifugi del StudlHutte e Salmhutte, percorso panoramico che permette di scoprire anche il versante sud del Glockner e completare l'anello attorno alla montagna. Si attraversano pascoli e vallate verdi per un totale di almeno 5 ore.
3-dal rif. Erzhzg-Johann H è segnato un percorso che raggiunge direttamente il rif. Salmhutte e quindi come l'itinerario precedente si raggiunge l'auto al Franz-Josefs-Haus. Dal Rif. però non era ben chiara la direzione per intraprendere questo percorso.
Noi vista la giornata del Lunedì a disposizione e visto il bel sole finalmente presente, abbiamo optato per l'itinerario n. 2, con variante a sorpresa visto che una volta arrivati al rifugio che pensavamo essere la Salmhutte abbiamo scoperto di trovarci al  Glorer hutte (le insegne e le tracce di sentiero sono davvero poco evidenti in questo tratto). Risultato: abbiamo allungato di altre 2 ore il nostro trekking di ritorno. solo Dopo la bellezza di 7.5 ore ed una provvidenziale fetta di torta ed una cola al Rif. Salmhutte siamo finalmente sbarcati sul piazzale del Franz-Josefs-Haus esattamente dove eravamo partiti, chiudendo l'anello del Glockner con tanta soddisfazione.

Franz-Josefs-Haus______Glocknerbiwak: 3 ore PD+, 50° II in roccia
Glocknerbiwak______Erzhzg-Johann H:  10 ore, D, 70°, IV- in roccia
Erzhzg-Johann H_______Franz-Josefs-Haus (trekking): 5/6 ore, F, 
per la via diretta del ritorno calcolare circa 2/3 ore.

Uscita del 5/6/7 Luglio
Purtroppo le foto della salita sono andate perse con la macchina fotografica, pubblichiamo di seguito alcuni scatti fatti con il cellulare ed alcune foto prese a prestito dal WEB

  
tracciato del percorso
rosso: salita al Glocknerbiwack
blu: Mayerlramp
verde: discesa per la Via Normale al  Rif. Erzhzg-Johann H.
viola: trekking di ritorno rispettivamente passando Stuldhutte,  Glorer hutte e Salmhutte

 in azzurro: la discesa diretta sul Pasterze

dal WEB: il gruppo del Glockner visto dal Franz-Josefs-Haus

dal WEB: il gruppo del Glockner visto dal Franz-Josefs-Haus

 l'aereo Glocknerbiwack



dal WEB: la parete vista dal Bivacco

 dal WEB: lungo la Mayerlramp

 dal WEB: lungo la Mayerlramp

 dal WEB: lungo la Mayerlramp


 dal WEB: la cresta Nord-Ovest che porta in vetta

sulla cresta tra le nebbie


 alpinistidellambrusco alla croce di vetta del Glockner



risveglio al Rif. Erzhzg-Johann H a 3450 m  

 Il Glockner visto dal Rifugio

 la Studlhutte

la Glorer hutte

 verso la Salmhutte


 il versante sud del Glockner con il profilo della Studlgrat

stremati alla fine del trekking

martedì 1 luglio 2014

Sassolone e Sassolino

Da sinceri amanti dell'Appennino, non è facile resistere al fascino della Sua vetta maggiore: il Gran Sasso d'Italia. Non per pignoleria il nome di questa montagna andrebbe pronunciato per intero, ma per due ragioni precise: il Grand Sasso d'Italia ha conficcate le proprie radici in terra d'Abruzzo, e come ogni Signore Abruzzese, il cognome ha da vestirsi di una preposizione "di" per suonare autentico e appartenente a queste terre; ciò nonostante il Gran Sasso è montagna nazionale, teatro di alterne vicende per l'intera durata della Storia Italiana e pesante protagonista di molti discorsi figli di una retorica (buona o cattiva) nazionale. Non solo: l'ascesa al Gran Sasso fu la prima ascesa alpinistica documentata dell'intero pianeta: 19 Agosto 1573 (storia della prima ascensione). 

Ma quello che interessa a noi è un po' di sana avventura: dai Prati di Tivo, con l'ultima corsa della funivia, riusciamo a salire alla Madonnina e, poco più giù nei pressi di un rudere, piantiamo la tenda e formiamo il campo base. La vista sulle pareti Nord ed Est del Gruppo è potente. Mangiamo e ci crogioliamo al Sole come lucertole. Abbiamo molto materiale con noi e molta acqua, dato che in tutto il Gruppo sono rare e distanti le sorgenti.
Il giorno seguente siamo i primi ad attaccare la Prima Spalla, per la via "delle placche di Odino". Per placca appoggiata ci innalziamo velocemente, proteggendoci con clessidre e friends, evitando l'unico spit presente sulla via. Sviluppo 250 metri, grado III-IV con due passi di V-.
Arrivati in cresta, per la via Normale discendiamo verso la base Sud-Ovest della parete. Probabilmente siamo i primi da molto tempo ad attraversare per il lungo tutta la parete. Scolliniamo e giungiamo al Rifugio Franchetti, dove un "local" ci consiglia la via "dei Triestini", una via storica, aperta da G. Del Vecchio, P. Zaccaria, A. Bafile il 27 Settembre 1948. Stanchi ma caricati da un caffè mirabolante ritorniamo sui nostri passi fino alle Fiamme di Pietra, dove la via sale per logiche fessure e placche fino alla cima dal Campanile Livia. 
Il primo tiro, una fessura di V+ a tratti strapiombante, ci getta nel cuore del campanile. Lo saliamo seguendo la strada tracciata anni fa, logica e impeccabile, su roccia unica al Mondo. La via è interamente da proteggere, le soste invece sono spittate da poco. L'avventura prosegue per cinque tiri fino in vetta (110 m) e le difficoltà non mollano mai (IV-V). Con due doppie (anelli di calata sulle soste della via) siamo di nuovo a terra e dopo una birra al Franchetti e una bella scarpinata ritorniamo alla tenda, stanchi ma felici (come al solito). Non sappiamo che la notte si scatenerà una tempesta perfetta e spettacolare, con venti patagonici e pioggia e grandine a secchiate. La tenda non regge e siamo costretti a rifugiarci sotto la tettoia di un rifugio abbandonato. Ci sentiamo piccoli spettatori di uno spettacolo antico e affascinante. Non dormiamo tutta la notte e la mattina (venti forti ma cielo di nuovo sgombro) torniamo alla macchina, rinunciando ad una mattinata di scalata. Poco male! Abbiamo vissuto a 360° la montagna e abbiamo imparato ancora una volta quanto, con rispetto e gioia, nei suoi meandri sia appagante avventurarsi.


Aggiornamento: via delle Fontane in libera! E' stato liberato il seconda tiro della via delle Fontane (Arco, Mandrea) (vedi anche via delle Fontane). Non sappiamo se questa è una prima libera, non abbiamo avuto riscontri di un'altra libera avvenuta in precedenza. Il grado proposto è VII+ (6c).
Il rudere presso il quale abbiamo campeggiato


La celebre Nord del Camicia
Corno Grande, parete NE 

Le placche di Odino


Attacco delle Placche




I pilastri del Pizzo d'Intermesoli

In discese dal Corno Piccolo lungo la Normale

La via dei Triestini


Simone in Vetta


Spettacoli floreali
Tempesta in arrivo
Alma Mater Montagnorum


La tenda collassata