martedì 23 agosto 2011

M.Bianco 4810 m _Via Normale Italiana e traversata "dei tre M. Bianco"

L'idea di salire alla Cima principale del gruppo per il versante italiano e compiere in discesa la traversata dei Cosmique sino all'Aguille du Midi arriva quasi per caso. Sono ormai mesi che ci si prepara logisticamente per installare le tende del campo base al Col des Flambeux, nei pressi del rifugio Torino. Complici le previsioni meteo incerte, che non ci avrebbero fatto sfruttare al meglio le prime due giornate, oramai già in Val d'Aosta, meditiamo un piano d'attacco folle: salita al Rif. Gonella, trasferimento alla Capanna Sella, salita al Bianco per lo Sperone della Tournette con traversata sino all'Aigulle du Midi.

SALITA AL RIFUGIO GONNELLA

E' così che il pomeriggio di giovedi 18 Agosto ci troviamo a risalire il lunghissimo e tormentato ghiacciaio del Miage con destinazione il nuovo e moderno Rif. Gonella. La salita è faticosa e non banale: si svolge per buona parte su ghiacciaio ricoperto da detriti ed il sentiero, segnato solo in parte, lascia spazio all'inventiva di chi lo percorre. Sono 1450 m di dislivello che copriamo in circa 5 ore, arrivando al Gonella verso le 22. Capiamo subito che l'accesso alla capanna Sella per il ghiacciaio del Dome è praticamente impossibile vista l'enorme quantità di seracchi che solcano il ghiacciaio. Davide, il gestore del Rifugio, ci mette in guardia: saremmo la prima cordata dell'anno a tentare quel percorso, è presente un tratto strapiombante da superare in artificiale, inoltre la salita si svolge in un circolo glaciale selvaggio ed isolatissimo... tutte cose che sapevamo e che ci attiravano, ma prudenzialmente rinviamo a condizioni migliori...

SALITA AL MONTE BIANCO

L'alternativa a questo punto è la via Normale Italiana che, risalendo il ghiacciaio del Dome e rimontando la cresta del Pitone degli Italiani, porta sui pendii glaciali del Dome du Gouter e quindi in vetta al Bianco per la cresta delle Bosses. L'itinerario è stato percorso per la prima volta in discesa nel 1890 da Achille Ratti (futuro papa Pio XI). Si tratta della più lunga via Normale al Bianco, con 1800 m di dislivello, da conquistare passo dopo passo in un ambiente unico e lontano dalle folle. All'una di notte siamo gli ultimi a partire perchè la sveglia non suona, poco male perchè recuperiamo velocemente le altre cordate. L'attraversamento del crepacciato ghiacciaio del Dome non è semplice ed è facilitato da saltuari paletti catarifrangenti e da una scala metallica. Rimontiamo la cresta del Pitone degli Italiani tra nuvole e venti tesi con visibilità quasi nulla, ma sul Dome du Gouter l'alba ci regala uno spettacolo unico: le nuvole si dissolvono ed il Bianco ci appare quasi d'improvviso. Il momento della vetta a lungo atteso si materializza, ma sono istanti vuoti scanditi dal solo vento gelido e teso, e che svaniscono poco dopo quando ci troviamo in discesa verso il col de la Brenva.

TRAVERSATA "DEI TRE MONTE BIANCO" ALL'AIGUILLE DU MIDI

Scendiamo quindi per l'opposto versante Francese, rimontando e superando i versanti glaciali del Maudit e del Tacul. L'ambiente glaciale è davvero sorprendente e ti lascia col fiato sospeso dall'inzio alla fine con le impressionenti cornici glaciali della Brenva e gli accumuli nevosi del Maudit e del Tacul. All'Aigulle du Midi arriviamo dopo 15 ore, troppo tardi per il rientro in Italia. Scendiamo a Chamonix e rientriamo attraverso il traforo in bus. Sono le 21.00 quando in camping in Val Ferret ci gustiamo una meritata pizza; l'altimetro segna oltre 2600 m di salita, sicuramente siamo stanchi ma consapevoli di aver compiuto una traversata logica senza scorciatoie, indubbiamente la vera salita "normale" al M. Bianco.

DIFFICOLTA': PD+/AD a seconda delle condizioni
TEMPO DI SALITA: 5 ore per il rifugio, 7-9 per la vetta, contare altre 5 ore per la traversata



La via Normale Italiana dal rif. Gonella


Stupenda Val Veny

Il Rif. Gonella sotto il Tormentato ghiacciaio del Dome, strada di salita

Passaggi himalayani sul ghiacciaio del Dome

Sulla cresta delle Bosses verso la vetta

Tutte le Alpi ai piediGrandes Jorasses, Dente, Rochefort

Mont MauditMont Blanc du TaculAffascinanti minaccie
Le due cordate del Lambrusco

lunedì 1 agosto 2011

Cimon della Bagozza - via Cassin allo spigolo N

Un'occasione ben sfruttata ci porta a trascorrere un corposo weekend orobico all'insegna di buona compagnia e di alpinismo classico.
L'obiettivo della domenica è l'impegnativa via Cassin al Cimon della Bagozza, un itinerario aperto dal lecchese in compagnia di Frattini e Varallo l'8 luglio 1934. La via sale il maestoso spigolo N, che si erge per 400 metri verticali sui ghiaioni dell'alta Val di Scalve, un viaggio di 13 tiri con difficoltà fino al VI+.
Numerose relazioni parlano di roccia pessima ma per noi Alpinisti del Lambrusco, abituati alla fragilità di Bismantova e ai primissimi passi su questa roccia di sta
mpo dolomitico, tutta la via risulta assai solida.
Passiamo così una bellissima giornata su di una parete che percepiamo sempre accogliente: un'interessante arrampicata di stampo decisamente alpinistico, con lunghi tratti tosti ma mai troppo difficili, di facile orientamento, chiodata a dovere (chiodi vecchiotti solo dove serve) e spesso da integrare (numerose clessidre e spuntoni, utili protezioni veloci o qualche chiodo e martello)
I complimenti al socio che, seppur alla sua prima esperienza alpinistica su roccia, ha tirato senza alcuna esitazione tutte le lunghezze pari.


Il Lago Campelli riflette il Cimone lungo l'avvicinamento

Finalmente all'attacco della via (o meglio della sua variante d'ingresso), vi giungiamo saltando la prima lunghezza, ancora coperta dalla neve.

L'ottima relazione da noi seguita è presa da questo link

Di seguito riporto il racconto della prima ascensione scritto da Cassin stesso nel libro "Capocordata"
"[...] L'idea del Cimon della Bagozza non è stata mia anche perché quello spigolo ribelle si trova in un terreno per me completamente nuovo: il gruppo del Camino, di tipo dolomitico, tra la Valle Camonica e la Valle di Scalve nelle Alpi Orobie. E' stato l'amico Frattini a convincermi ad andare: "Diamogli solo un'occhiata, senza impegnarci a fondo" diceva tirando fuori dal portafogli alcune fotografie di una superba piramide di roccia che si protende erta, dritta, evidenziata dai due canaloni che si incidono ai lati. "Questa lancia", aggiungeva per tentarmi "è il più affilato spigolo della Bergamasca e ha respinto tutti quelli che l'hanno tentata e ritentata". [...] Da dieci anni cordate di ottimi scalatori sferravano assalti, ma uno strapiombo di venti metri li aveva respinti tutti.
[...] Lasciamo la macchina alla malga Campelli di Sotto e raggiungiamo un bel laghetto: la montagna vi si riflette nitida come in uno specchio, e gemme di rugiada luccicano sui fili d'erba delle sponde. Dopo un così idilliaco inizio, tosto cominciamo a sudare su un pendio detritico lottando con gli sfasciumi, e, in circa un'ora di cammino, siamo alla base dello spigolo. Un entusiasmo pieno di brio è in noi: sarà la luminosità del primo mattino, saranno i contrasti fra i verdi più e meno chiari dei prati e dei boschi, e questa co
stiera prepotente che si staglia nel cielo senza una nuvola... A tutto ciò per me si aggiunge la curiosità di vedere come si presentano i famosi venti metri di strapiombo. Li supereremo? [...] Ecco la chiave dell'ascensione: lo spigolo viene avanti in una netta sporgenza di roccia compatta e liscia. Scorgiamo i primi segni dei precedenti tentativi, qui tutti falliti. Prima di cimentarci a nostra volta ci sediamo ad apprezzare il contenuto dei sacchi, placando la fame stimolata dall'alzataccia e dell'aria fine e pungente. [...] Scrutando, intravediamo un possibile passaggio: mi abbasso seguendo una spaccatura su parete liscia, in esposizione completa, ed entro in un piccolo colatoio. Anche questa volta trovo la traccia di un precedente tentativo: un chiodo con anello di corda segna il punto dove ebbe termine. Uno sguardo in su mi da la spiegazione della rinuncia: il colatoio sale verso sinistra e in alto si perde in una parete priva di appigli. E' li che non si passa, ed è li che devo passare. Raggiunto con dure manovre quel punto, trovo una piccola fessura che piega ancora verso sinistra e mi conduce, a prezzo di due ore di fatiche ininterrotte, sino a una piazzola di sosta.
[...] La sensazione di avercela fatta ci da una muta esaltazione. La vastità delle cortine dei monti, l'aerea vertigine di questa via, lasciano attoniti l'occhio e l'animo. Il sole è tramontato in un cielo striato di vermiglio, le provviste e l'acqua sono terminate e la parete è al suo ultimo tratto. Per rocce più facili saliamo fino a un altro colatoio che porta quasi al termine dello spigolo. Anche qui, come sempre, roccia facile significa scarsa sicurezza: l'erosione atmosferica ha libero campo sulle cime, e molti sassi si muovono obbligando a sostituire alla foga un'estrema attenzione per non colpire quelli che stanno sotto."


Il canale-camino del terzo tiro

Il settimo tiro è la chiave della via, sale una fessura fin troppo chiodata

Ottavo tiro

S9 e il decimo tiro, con passaggi molto atletici e il famoso cuneo

L'undicesima lunghezza e il successivo bel diedro

Stanchi e felicissimi alla fine della via

La vicina vetta della Bagozza dall'anticima. Ad accoglierci una nube fantozziana

Un ultimo sguardo alla montagna, ancora inebriati dalla piccola grande impresa appena vissuta