martedì 8 dicembre 2009

ODISSEA ALLA NATTAPIANA



la cresta di Nattapiana in rosso, in viola la via di fuga seguita

La cresta di Nattapiana, o cresta nord ovest del Pizzo D’Uccello, sulle Alpi Apuane, è un lunghissimo e ben marcato filo roccioso. Questa elegante linea naturale separa la valle di Vinca da quella di Equi Terme, e divide perfettamente le due facce della montagna: da una parte gli spaventosi e tetri abissi del versante nord, alti fino a 1000 metri; dall’altra parte i ripidi prati e le frastagliate formazioni rocciose della parete sud. Lo sviluppo della cresta è di circa 2,5 km, per un percorso molto avventuroso, in quanto non segnato, scarsamente ripetuto e poco conosciuto nella sua interezza.

Gli Alpinisti del Lambrusco partono in 4 e dal piccolo borgo di Vinca risalgono il ripido sentiero che conduce sul filo di cresta. La prima parte della Nattapiana è facile, anche se la neve caduta da poco e non formata aumenta l’impegno della via. Al balzo roccioso da scendere in doppia, che segna il punto di non ritorno sulla cresta, due dei quattro decidono di non proseguire. Le condizioni verso la cima lontana non sembrano sicure e uno in particolare preferisce non rischiare. Dopo qualche ora i due rinunciatari, che intanto risalivano a gran velocità il bosco in direzione opposta per raggiungere i compagni durante la discesa, ricevono una telefonata quasi incomprensibile dai due di cresta: le nuvole sono basse, il maltempo è in arrivo e le difficoltà nell’ultimo tratto molto alte. La seconda e più chiara telefonata è allarmante. I due sulla montagna sono senza via d’uscita, non possono né salire né scendere, precariamente in bilico sulle punte dei ramponi, privati di qualsiasi possibilità di attrezzare un ancoraggio sulla roccia liscia e coperta da uno strato di neve e ghiaccio inconsistente. L’accordo fra i quattro è per una nuova comunicazione dopo 30 minuti. Intanto i due a valle scendono quasi 500 metri in 20 minuti, con una corsa folle e disperata, per chiamare aiuto dato che i telefoni nei boschi hanno una pessima ricezione. Dopo una lunga agonia la coppia bloccata sulla cresta prende una decisione drastica: scendere a tutti i costi da quel punto precario sull’abisso. Con una lucidità incredibile e una freddezza da veri grandi alpinisti, creano un ancoraggio con il poco materiale a disposizione ricordandosi della vicenda di Walter Bonatti durante la sua scalata solitaria al Dru. Incastrano un gomitolo di cordini nell’unica fessura visibile e confezionano così un ancoraggio. Miracolosamente la corda tiene, permettendogli così di scendere di 30 metri. Ma le difficoltà per loro non sono ancora finite sotto ci sono ancora 20 metri di vuoto. Scavando affannosamente sotto lo strato crostoso di ghiaccio che ricopre la parete trovano un vecchio chiodo a fessura, uniscono i pochi cordini a disposizione e guadagnano altri 10 metri. Gli ultimi ulteriori 10 metri, completamente sprotetti, sono un’agonia ma per il momento sono in salvo. Dopo una successiva telefonata si sceglie (non facilmente) all’unanimità di non chiamare il soccorso organizzato, anche se rimangono meno di 2 ore di luce. I due a valle, muniti di torcia frontale, decidono senza esitazione di ripartire per cercare gli amici dispersi da qualche parte sul costone della montagna, al di sopra dei boschi. Il buio aumenta, e mentre i due alti si tuffano letteralmente alla cieca giù per un canale cercando di anticipare l’oscurità, ai due bassi pare di sentire delle urla. Decidono di fermarsi in un punto aperto della foresta. Iniziano le frenetiche segnalazioni luminose nella notte ormai sopraggiunta. La discesa lungo il bosco per i due in alto, completamente fuori da ogni sentiero, quasi allo stremo delle forze e completamente al buio sembra impossibile. Per gran parte avanzano strisciando in mezzo a rovi, fango ed acqua e la discesa procede soltanto grazie ai perfetti segnali luminosi, unico vero punto di riferimento per i due perduti. Riesce un nuovo contatto per telefono e dopo un’odissea di quasi 6 ore il gruppo si ricongiunge. I due di cresta sono esausti e ammaccati, i due di valle hanno gambe e piedi a pezzi dopo 1500 metri in salita e altrettanti in discesa, di cui molti fatti correndo con scarponi da alta montagna attraverso la valle. La bottiglia di Lambrusco ha concluso felicemente il tutto. “Climbing is believing”.




lungo la prima parte di cresta






sul filo di cresta che domina gli strapiombi della parete nord




i severi pendii del Pizzo D'Uccello


brindisi di lieto fine..!


il singolare motto degli abitanti di Vinca


8 MESI DOPO GLI Alpinistidellambrusco ci riprovano

2 commenti:

  1. "Se fossi in voi io lassù non ci andrei..." h. 8.30

    "Io lassù ci andavo tutte le domeniche chè avevo le pecore al pascolo! Ma oggi no eh, oggi no..." h.14.30

    "Chè fanno lassù? C'è un bel canale là in mezzo! Se si buttano arrivano fino giù!" h.15.00

    -Un saggio anziano di Vinca-

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  2. che dire...tutto è bene quel che finisce bene...ma anche; tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino!!

    - un saggio giovanotto di Reggio Emilia -

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